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L'Ungheria durante la seconda guerra mondiale
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I campi di Auschwitz
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L’arrivo dei convogli
La partenza degli ebrei di Sighet
Per certi versi, i racconti di partenza dei deportati sono un atto d’accusa ancora più potente dei resoconti dai campi. Nei paesi da cui i treni partono, infatti, i nazisti non sono mai soli: non possono agire da soli. Hanno bisogno di collaboratori locali (i fascisti italiani a Fossoli, i gendarmi ungheresi a Sighet, i poliziotti francesi di Vichy a Parigi, e così via). La Shoah non fu una faccenda privata tra ebrei e tedeschi: fu la grande resa dei conti tra l’Europa dei nazionalismi e gli ebrei. I racconti di partenza sono lì a ricordarcelo.
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La deportazione degli ebrei ungheresi
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Approfondimenti
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L’arrivo dei convogli
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La deportazione degli ebrei ungheresi
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I campi di Auschwitz
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L’arrivo dei convogli
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Viaggio visivo nel Novecento totalitario (a cura del Prof. Francesco Maria Feltri)
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I campi di Auschwitz
Il promemoria di Perlasca
Nel 1946, su richiesta di Jeno Lévai, il primo e principale studioso delle deportazioni dall’Ungheria, Giorgio Perlasca stese un Promemoria, in cui ricostruiva la propria attività di salvataggio, a Budapest, nel 1944. In un primo tempo, la sua azione fu sostenuta dall’ambasciatore spagnolo, che imitò Wallenberg e alloggiò numerosi ebrei in case poste sotto la protezione della Spagna. I problemi vennero quando il primo segretario Angel Sanz Briz lasciò l’Ungheria, in quanto il governo franchista non aveva riconosciuto il nuovo regime filonazista, instaurato dalle Croci frecciate (o Nyilas) il 16 ottobre 1944. Perlasca decise di restare a Budapest, spacciandosi per incaricato ufficiale dello Stato spagnolo. Grazie a questo rischioso stratagemma (se il suo inganno fosse stato scoperto, Perlasca sarebbe stato subito ucciso o deportato) poté continuare a proteggere gli ebrei delle case spagnole.
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Interventi a favore degli ebrei ungheresi
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Approfondimenti
Il dialogo con Giorgio Perlasca
Nell’autunno 1989, Giorgio Perlasca – ormai anziano, ma ancora energico e perfettamente lucido – rilasciò un’intervista al giornalista Enrico Deaglio. Il titolo del libro in cui l’intervista fu pubblicata nel 1991 è specularmente opposto al celebre La banalità del male di Hanna Arendt. In effetti, come Eichmann era apparso, per certi versi, un criminale atipico (più simile ad uno zelante burocrate, che ad un sadico serial killer), così Perlasca usciva dai canoni dell’eroe classico della seconda guerra mondiale. Non aveva combattuto i nazisti con le armi, ma con l’astuzia e col coraggio, sorretto da un fortissimo impulso morale; inoltre, aveva alle spalle un passato di convinta militanza fascista, anche se infine – deluso da Mussolini – non aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana. Insomma, come nel caso del bulgaro Dimitar Peshev, gli eventi e gli schieramenti della seconda guerra mondiale appaiono oggi molto più complessi, di quanto non apparissero fino ad alcuni anni fa, quando erano letti sulla base di schemi ideologici (e politici) rigidi e convenzionali.
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Interventi a favore degli ebrei ungheresi
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Approfondimenti
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
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Interventi a favore degli ebrei ungheresi
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I campi di Auschwitz
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
Un fotografo ad Auschwitz
Non sappiamo con esattezza chi abbia ordinato di realizzare l’album fotografico Il trapianto degli ebrei di Ungheria, che fu costruito a partire dalla fine di maggio del 1944. Sappiamo però che altri scattarono fotografie ad Auschwitz nello stesso periodo. Il 25 novembre 1959, Alfred Konstanty Woycicki, membro delle resistenza polacca rinchiuso ad Auschwitz, rivelò che nella primavera del 1944 vennero scattate numerose foto non autorizzate, da un ufficiale nazista non identificato.
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L'album di Auschwitz
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Approfondimenti
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
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L'album di Auschwitz
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I campi di Auschwitz
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
La memoria della deportazione da Roma
In occasione della realizzazione di una dettagliata ricerca sulla razzia del 16 ottobre 1943, sono state intervistate 12 persone sopravvissute a quell’evento. Alcune sono sfuggite alla retata, altre sono state deportate, ma poi si sono salvate. Le due interviste che riportiamo sono rappresentative dell’una e dell’altra esperienza.
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La deportazione degli ebrei italiani
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Approfondimenti
Il campo di Fossoli
Leopoldo Gasparotto(1902-1944) era un esponente del Partito d’Azione e svolse un importante ruolo come comandante di un gruppo partigiano nelle vallate della Lombardia. Arrestato l’11 dicembre 1943, fu dapprima rinchiuso a San Vittore e poi (il 26-27 aprile 1944) condotto a Fossoli, come prigioniero politico. Il 22 giugno 1944, proprio a Fossoli, venne ucciso. Il diario che Gasparotto tenne nel campo situato vicino a Carpi (Mo) inizia il 26 aprile e si conclude il 21 giugno 1944.
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La deportazione degli ebrei italiani
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Approfondimenti
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
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La deportazione degli ebrei italiani
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I campi di Auschwitz
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Selezione, immatricolazione, vita nei lager
La poesia posta in apertura di "Se questo è un uomo"
Il testo è modellato su uno dei più importanti passi della Bibbia ebraica (Deut. 6,4ss.) nel quale Mosè esorta Israele a tenere sempre a mente, in ogni momento del giorno, che Dio è l’unico Signore di Israele. L’esortazione è preceduta da un comando: Ascolta Israele! (Shema Israel). Levi sembra quasi proclamare che i deportati sopravvissuti ad Auschwitz hanno il compito e l’autorità di proclamare un nuovo comandamento, relativo al ricordo e alla conservazione della memoria di quanto è accaduto.
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Primo Levi
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Approfondimenti
La partenza da Fossoli
Primo Levi era stato arrestato il 13 dicembre del 1943, dalla Milizia fascista, come partigiano; ma poiché aveva dichiarato di essere “cittadino italiano di razza ebraica”, fu inviato nel campo di smistamento vicino a Carpi, in cui arrivò alla fine di gennaio. La scena seguente è ambientata a Fossoli, il 21 febbraio 1944. L’accento è posto sull’umanità di coloro che, ormai condannati, stanno per partire. Ma su tutti, persino su coloro che pregano, si staglia il profilo delle donne, lucide fino all’ultimo e tutte prese dalla propria responsabilità di madri, che non permette loro di pensare a se stesse, ma solo ai bambini. Per quello che riguarda i tedeschi, invece, la semplice domanda: Quanti pezzi? è di una eloquenza formidabile. In questa espressione si specchia il nocciolo essenziale del nazionalsocialismo, il suo guardare a una parte dell’umanità come a feccia, a cose, a strumenti, a oggetti.
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Primo Levi
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Approfondimenti
Riflessioni sul lager
Nel 1986, un anno prima del suo suicidio, Primo Levi ebbe numerosi incontri con Ferdinando Camon, che pubblicò il testo delle conversazioni nel 1987.
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Primo Levi
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