Interventi a favore degli ebrei ungheresi

L’intervento svedese
Auschwitz-II-Birkenau 1944. L’arrivo degli ebrei ungheresi. Dall’album Il trapianto degli ebrei di Ungheria, realizzato dai nazisti ad Auschwitz nell’estate 1944.Dopo aver tenuto per qualche anno un atteggiamento ambiguo, di neutralità sbilanciata a favore del Terzo Reich, quando la situazione militare si fece critica per la Germania, la Svezia decise di intervenire per salvare dalla deportazione gli ultimi ebrei rimasti. Il 9 luglio 1944, pertanto, arrivò a Budapest Raoul Wallenberg, con un preciso incarico del governo svedese.

Wallenberg distribuì un gran numero di passaporti svedesi e collocò gli ebrei che li ricevevano in case comprate o affittate, sulle quali sventolava la bandiera gialla e azzurra della Svezia. Dopo aver distribuito circa 20 000 passaporti, Wallenberg convinse alcuni diplomatici di paesi neutrali, come il console svizzero e quello spagnolo, a istituire un ghetto internazionale, in cui trovarono riparo e protezione circa 33 000 ebrei.

La situazione si fece particolarmente drammatica e caotica a partire dal 16 ottobre 1944, quando gli uomini delle Croci frecciate presero a rastrellare la città, casa per casa. Centinaia di ebrei furono uccisi con un colpo alla nuca e gettati nel Danubio. Su ordine di Eichmann, le SS cercarono di uccidere Wallenberg, facendo esplodere la sua automobile; tuttavia, al momento dell’esplosione Wallenberg non era a bordo.

All’arrivo dell’Armata Rossa, Wallenberg fu sospettato di spionaggio e arrestato dei sovietici. Di lui si perdono le tracce, al punto che si ignora persino la data di morte (avvenuta, forse, nel 1947).
Giorgio Perlasca

Giorgio Perlasca era a Budapest nello stesso periodo in cui operava Wallenberg e, con sistemi simili, riuscì a salvare 5218 ebrei ungheresi. La differenza fondamentale consiste nel fatto che lo svedese aveva ricevuto un mandato ufficiale (e fondi) dal suo re e dal suo governo, mentre Perlasca agì di propria iniziativa.

Perlasca era nato il 31 gennaio 1910 e da giovane aveva aderito al fascismo; pertanto, aveva partecipato come volontario all’invasione dell’Etiopia e alla guerra civile spagnola. Da quest’ultima esperienza era ritornato con in tasca un attestato su cui era scritto: “Caro camerata, in qualsiasi parte del mondo tu ti troverai, rivolgiti alla Spagna”. Grazie a tale certificato, nel settembre 1943, Perlasca ottenne la protezione dell’ambasciatore spagnolo a Budapest, dove l’italiano si trovava per ragioni di lavoro (commercio di bestiame), e da dove i tedeschi (dopo l’armistizio dell’8 settembre) minacciavano di deportarlo in Germania.

Perlasca rimase inorridito dalla deportazione degli ebrei ungheresi e aiutò il delegato spagnolo nella sua azione di salvataggio di quanti chiedevano la protezione dell’ambasciata. Tuttavia nell’ottobre 1944, dopo la conquista del potere da parte delle Croci Frecciate, il governo di Franco non riconobbe il nuovo governo e quindi l’ambasciatore abbandonò Budapest. Fu allora che Perlanca si trasformò in impostore (l’espressione è dello stesso Perlasca): spacciandosi per console spagnolo, continuò a salvare ebrei, consegnando falsi attestati di cittadinanza e accogliendo i fuggiaschi in numerosi edifici di cui diceva che erano sotto sovranità spagnola.

La vicenda di Perlasca fu praticamente ignorata fino al 1989, anno in cui, in segno di riconoscenza, fu invitato a piantare un albero nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme.

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