L'album di Auschwitz
Documentare lo sterminio

L’album si apre con due immagini di propaganda, cioè con due foto che ritraggono alcuni ebrei in pose e con fattezze considerate tipiche; nelle intenzioni dei redattori dell’albun, quei loschi personaggi erano l’incarnazione del Male, e quindi fornivano la più chiara giustificazione della soluzione finale, che almeno ad Auschwitz toccò il suo vertice proprio con la liquidazione in massa degli ebrei trasferiti dall’Ungheria. Le pagine seguenti documentano in modo minuzioso l’arrivo dei convogli, lo sbarco dei deportati sulla nuova rampa (all’interno di Birkenau) e la selezione.
Uomini (maschi adulti e ragazzi) e donne (coi bambini più piccoli) vengono divisi in due gruppi e la procedura avviene di giorno, con calma, in modo ordinato e tranquillo; sotto questo profilo, le foto sono ingannevoli, in quanto molte testimonianze parlano di arrivi notturni e di sbarchi che sono condotti in fretta, a gran velocità, per traumatizzare i deportati e impedir loro di capire dov’erano stati condotti. Per terrorizzare ulteriormente i nuovi arrivati, spesso si faceva ricorso a spari, percosse e cani.
Doppio destino
Vengono poi mostrati i due diversi destini degli abili al lavoro (inviati nei lager, dopo essere stati immatricolati) e degli improduttivi, che saranno inviati alle camere a gas e ai crematori. Le procedure di eliminazione non sono state fotografate, così come gli edifici dei crematori fanno la loro comparsa solo da lontano, nelle foto che in primo piano (dall’alto) inquadrano i vagoni appena arrivati. La realtà dello sterminio, però, è onnipresente, o meglio percepibile nelle lunghe file di deportati selezionati che si dirigono verso i crematori, nei gruppi di persone che, fra gli alberi del bosco di betulle, attendono di essere immesse nelle camere a gas, nella gigantesca mole di effetti personali accumulati nel cosiddetto Kanada, un vasto quartiere di baracche-magazzino, ognuna delle quali ospitava un genere particolare di oggetti (le posate, gli occhiali, le scarpe…).
Dopo l’evacuazione del campo, l’album fu condotto a Dora; qui, al momento della disfatta, fu rinvenuto casualmente in un armadio da una deportata ungherese (Lili Jacob), che aveva riconosciuto il rabbino del suo villaggio, i suoi due fratelli, i suoi nonni e altri parenti o conoscenti. Al momento attuale, l’album è custodito presso il museo Yad Vashem, a Gerusaleme.