Primo Levi

Un testimone eccezionale
Auschwitz-II-Birkenau 1944. La selezione di un convoglio di ebrei ungheresi. Dall’album Il trapianto degli ebrei di Ungheria, realizzato dai nazisti ad Auschwitz nell’estate 1944.In Italia, Primo Levi (1919-1987) è stato il testimone che più di tutti ha fatto conoscere il dramma della deportazione degli ebrei. Nato a Torino, Levi riuscì a laurearsi in Chimica, malgrado le leggi razziali fasciste. Nel 1944, venne arrestato dai fascisti come partigiano; ma avendo dichiarato di essere ebreo, fu dapprima condotto nel campo di Fossoli (vicino a Carpi, in provincia di Modena) e poi deportato nel campo di Auschwitz III – Monowitz.

 

Ad Auschwitz, Levi riuscì a salvarsi per una serie di casi fortuiti. Avendo difficoltà a reperire il personale per la grande industria IG Farben che andavano costruendo nei pressi di Auschwitz, i tedeschi cercarono tra i detenuti del campo coloro che avessero competenze in campo chimico, il che permise a Levi di passare al caldo e al coperto il terribile inverno 1944-1945. Inoltre, allorché il campo venne evacuato, nel gennaio 1945, Levi era ammalato, e quindi venne abbandonato sul posto; ciò gli evitò la terribile marcia di trasferimento verso l’interno della Germania, che costò la vita a migliaia di detenuti.

Una volta tornato in Italia, Levi sentì subito il bisogno di testimoniare: Se questo è un uomo era già pronto per la pubblicazione nel 1947.

Il dovere di ricordare

Per capire il titolo di questo libro, occorre esaminare la poesia che si trova all’inizio, nella prima pagina, come prefazione. Il testo contrappone due categorie di persone: i lettori (interpellati direttamente e bruscamente: “Voi...”) e i deportati; i primi sono descritti come uomini e donne che vivono sicuri “nelle loro tiepide case” e possono ogni sera mangiare “cibo caldo” al cospetto di “visi amici”. Gli altri, invece, furono costretti a lavorare nel fango, a lottare per un pezzo di pane, a morire nei campi.


A distanza di anni dalla tragedia, le persone possono essere tentate di dimenticare, oppure, al limite, di allontanare con un senso di fastidio quelle immagini dolorose. A chi non ha vissuto il dramma della deportazione, Levi indirizza un imperativo (“Meditate che questo è stato”) pressante e martellante, categorico e incalzante, seguito da una vera e propria maledizione biblica.

Nel medesimo tempo, lanciando l’appello “Considerate se questo è un uomo” (seguito da un analogo: “Considerate se questa è una donna”) Levi esorta a riflettere sul fatto che, in lager, migliaia di uomini e donne sono stati privati della loro umanità, al punto da provocare la domanda se quegli esseri sfigurati erano ancora umani.

Questo tema è sviluppato soprattutto nel capitolo centrale di Se questo è un uomo, intitolato Il canto di Ulisse. Nel cuore del lager, mentre è impegnato in un duro lavoro, Levi cerca di ricordare il canto XXVI dell’Inferno dantesco e lo recita ad alta voce ad un suo compagno di sventura (polacco). Il culmine dell’episodio è la recita delle parole: “Considerate la vostra semenza: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Si tratta di un gesto di rivolta, di una rivendicazione di dignità, contro tutti gli sforzi operati dai nazisti per degradare gli ebrei e privarli della loro umanità.

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