A Leòn Ferrari il Premio di pittura del Banco Central
A 91 anni, Leòn Ferrari, uno dei più importanti artisti argentini, ha ricevuto il Gran Premio Homenaje del V Premio Nacional de Pintura del Banco Central per la sua opera Sin Título del 2009.
Leòn è figlio dell’architetto Augusto Ferrari, nato a San Possidonio, in provincia di Modena, nel 1871, ricordato nel 2003 con una mostra alla Recoleta di Buenos Aires e con un volume, che hanno consentito di leggere in una prospettiva nuova i suo lavori ispirati a un eclettismo che lo ha fatto spaziare dall’architettura alla pittura e alla fotografia, all’incrocio tra naturalismo e astrazione stilistica.
L’esperienza artistica del figlio Leòn si svolge invece interamente dentro il Novecento e le avanguardie. Nato nel 1920 a Buenos Aires, per compiacere il padre si laurea in ingegneria e per molti anni lavora come ingegnere. Per un problema di salute di sua figlia piccola, nel 1954 si trasferisce in Italia con la famiglia alla ricerca di una cura adatta. A Firenze, durante il periodo di guarigione della bambina, León comincia a sperimentare tecniche diverse.
Usando materiali come poliuretano espanso, gesso, metallo, ceramica e legno, crea un’arte che affronta i temi del potere e della religione, memore dell’educazione basata su punizione e inferno ricevuta da piccolo nel collegio di preti tedeschi.
Nel 1964 illustra i poemi di Rafael Alberti nel volume Escrito en el aire, l’anno dopo presenta la sua opera più famosa: s’intitola La Civilización Occidental y Cristiana e raffigura un Cristo crocefisso su un bombardiere americano, come protesta nei confronti della guerra in Vietnam. Intanto s’interessa alla scrittura astratta e realizza textures di carta spruzzata di frasi.
A San Paolo del Brasile, dove si autoesilia nel 1976 per sfuggire alla dittatura (suo figlio Ariel è un desaparecido) sperimenta eliografia, fotocopia, collage e videotesto. I collage, in particolare, collegano iconografia cristiana ed erotismo orientale. Tornato in Argentina, approfondisce la sua ricerca, astratta e poetica insieme, usando disegni e sculture di filo, e cambiando in continuazione supporti, dalle sculture di rami secchi ai backlights (retroilluminazione).
La vena surrealista e dadaista si combina con la passione per la grafia applicata alla tela e alla carta: ne nasce un “alfabeto infuriato” di segni, una scrittura deformata che rivela il nascosto, il non detto. Dalle performance con lombrichi ai segni tattili del linguaggio Braille, si dispiega un sistema di linee, fosforescenze, scritture e dipinti scritti, che un critico ha interpretato come “poema de amor a la vida”.
León Ferrari è uno dei più noti artisti argentini. Il MoMA di New York ha ospitato una mostra di sue sculture in poliuretano. Nel 2007 ha vinto il Leone d’oro alla 52esima Biennale d’Arte di Venezia. Ha esposto in tutto il mondo: le ultime mostre sono state, tra 2009 e 2010, “L’alfabeto infuriato” al Museo Reina Sofia di Madrid e “Fosforescenze” alla Galleria Zavaleta di Buenos Aires. León Ferrari, che ha compiuto 91 anni a settembre, si reca quasi ogni giorno a lavorare nel suo studio nel cuore antico di Buenos Aires. Presto nascerà una Fondazione che raccoglierà le opere dei due Ferrari, padre e figlio, protagonisti di una lunga storia iniziata in provincia di Modena e (non ancora) finita nei territori incandescenti dell’arte.