Ennio Bolognini, la vita avventurosa di un grande violoncellista
Emilia, terra di musicisti. Questa è la storia di un grande violoncellista, Ennio Bolognini, che non ebbe solo la passione della musica, ma anche quella del volo e della boxe. Una vita avventurosa, la sua, che potremmo definire “dannunziana”.
Fu il padre Egidio a trasmettergli l’amore per la musica. Suonava il violoncello nell’orchestra di Arturo Toscanini, che accompagnò lui stesso in Argentina. Non era solo intimo amico di Toscanini, ma anche il padre spirituale di noti compositori argentini. Egidio Bolognini nacque a Faenza nel 1862, morì a Buenos Aires nel 1929 ed ebbe tre figli tutti musicisti, Astor, Ennio e Remo. A Parma una strada porta il suo nome.
Il padre di Astor Piazzolla raccontò di aver dato questo nome a suo figlio proprio in onore di Astor Bolognini, che a quell’epoca era molto famoso.
Ma il più celebre dei figli di Bolognini fu Ennio, nato a Buenos Aires e di cui Toscanini fu padrino al battesimo. Ennio studiò dapprima con il padre e più tardi con José Garcia, il maestro di Pablo Casals, che risiedeva a Buenos Aires. Quando aveva soltanto quindici anni, Ennio Bolognini vinse il primo premio a una competizione di violoncello fra Spagna e America, e ricevette in dono uno strumento di eccellente fattura costruito da Luigi Rovatti. Ebbe poi il privilegio di suonare "Il Cigno" con Camille Saint-Saëns al pianoforte, e la sonata per violoncello di Richard Strauss assieme al grande compositore.
Nel 1923 Ennio Bolognini emigrò negli Stati Uniti. La motivazione di questo viaggio è curiosa, legata alla passione di Bolognini per la boxe: infatti, oltre ad essere un eccellente violoncellista, Bolognini era anche lo sparring partner del pugile Luis Firpo. Essendo in possesso d’un brevetto di pilota professionale, Bolognini volò in America con il suo aereo personale. Fondò la American Civil Air Patron e addestrò personalmente i cadetti per pilotare i bombardieri B-29 durante la seconda guerra mondiale. Era, questo eclettico musicista, uomo d’un Rinascimento moderno, atleta, buongustaio, giocatore d'azzardo e disinvolto conversatore in molte lingue, fra cui l’ebraico, il greco, il giapponese, l’ungherese, il russo; e si diceva sapesse parlare 15 dialetti italiani diversi.
Bolognini era conosciuto per il suo temperamento ardente e impulsivo. Quand’era primo violoncello della Chicago Symphony Orchestra, portava sempre il suo cane alle prove. In una di queste occasioni conobbe il compositore Aleksandr Kostantinovic Glazunov, invitato a dirigere l’orchestra. Bolognini lo aiutò come interprete e Glazunov, alla prima esperienza come direttore, parlò a lungo con Bolognini delle sue ansie e delle sue paure in attesa dell’inizio del concerto. Più tardi, Bolognini fu accusato di tentare d’impadronirsi lui della scena, e incollerito, abbandonò il palcoscenico.
Visse a Las Vegas dal 1951 fino all’anno della morte, avvenuta nel 1979. Nella città americana fondò la Las Vegas Philharmonic Orchestra. Ennio Bolognini era, oltre che superbo violoncellista, un egregio chitarrista, e poteva persino giocare con la musica di flamenco facendola fluttuare sul suo violoncello. Pablo Casals lodò Bolognini come il talento di violoncello più grande che avesse mai sentito nella sua vita. Emanuel Feuermann considerò Bolognini superiore non solo a se stesso, ma anche ai grandi Casals e Piatigorsky.
Il violoncello di Bolognini è conservato al Smithsonian Institute in Washington, D.C. Si tratta di un modello unico, su cui sono riportati 51 autografi, fra cui quelli di Fritz Kreisler, Jascha Heifetz, Leo Stern, Istvan Szigeti, Bruno Walter, Janos Starker, Eugenio Ormandy, Miklos Rozsa, e molti altri famosi musicisti. Ovunque andasse, Bolognini chiedeva agli amici di mettere una firma sul suo prezioso strumento.