Quando la malattia arriva in famiglia

19.10.2012

Quando la malattia arriva in famiglia

“Che cosa sta succedendo? Perché mi trovo qui?” chiede un bambino in ospedale ai suoi genitori. Sono queste le parole di un bimbo che si trova “catapultato” nella realtà ospedaliera dopo la diagnosi di tumore.

I genitori si vedono così ad affrontare una delle prove più difficili del loro “mestiere”: l’essere a contatto con una malattia potenzialmente mortale che colpisce il loro bambino, con tutte le emozioni che questo comporta. Alle mamme ed ai papà è infatti richiesto di continuare a svolgere la loro funzione di agenti di cura, di protezione, di educazione per garantire una crescita sana ed armonica del loro piccolo, nonostante il “terremoto” in corso.

Il bambino tenterà, a suo modo e con le sue risorse interne (ad esempio, il carattere) ed esterne (la sua famiglia, l’équipe curante, ecc.), di affrontare la malattia e le cure. Vivrà questo momento come “un’aggressione” e una rottura del suo normale equilibrio, delle sue abitudini e dei suoi ritmi. L’allontanamento da casa, dalla sua cameretta, dai suoi cari, dalla scuola e dagli amici saranno fonte di tristezza, rabbia, invidia e colpa. Agli adulti il compito di ascoltare, accogliere e condividere i suoi sentimenti senza considerarli “sbagliati” per aiutarlo ad esprimerli ed accettarli, senza esserne sopraffatto.

Una situazione analoga, seppur differente, viene vissuta dalle famiglie in cui un genitore si ammala di tumore. Inevitabilmente si chiederà: “Cosa ne sarà di me e dei miei figli?”. L’istinto di protezione porta spesso queste coppie ad escludere i più piccoli dalla comunicazione familiare, lasciando i bambini ed i ragazzi in balia di interrogativi e di “fantasmi”.

Quando un figlio vede, ad esempio, il proprio genitore trascorrere più tempo a casa che al lavoro, lo vede dimagrito o ingrassato (per via della malattia e/o delle terapie), più stanco e bisognoso di riposo, si chiederà “perché sta accadendo questo?”. Potrebbe capitare che i figli si colpevolizzino per la malattia di mamma o di papà, ritenendosi in qualche modo responsabili: “è colpa mia? Succede perché sono stato cattivo? perché ho disobbedito?“. I figli adolescenti, impegnati nel processo di emancipazione dai genitori, potrebbero vivere questa situazione con un grande senso di colpa, per aver desiderato di fare a meno di loro.

Per non lasciare soli bambini, ragazzi, madri e padri di fronte all’esperienza di un tumore l’Associazione di Volontariato Giulia Onlus di Ferrara sostiene dal 2007 la presenza di una psicologa. Per ascoltare, accogliere, contenere e condividere le emozioni e i vissuti di tutti i membri della famiglia.

La possibilità di esprimere liberamente le proprie preoccupazioni, le difficoltà, i sentimenti di ciascuno, unita ad una adeguata informazione su ciò che sta accadendo in famiglia, e dentro di sé, può ridurre il senso di isolamento e diversità - sia nei genitori che nei figli, sia nei sani che negli ammalati - a favore di una maggior circolazione di parole ed affetti.

Per fornire questo supporto psicologico, la dottoressa svolge il suo lavoro presso la Struttura Semplice Dipartimentale di Onco-Ematologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria S.Anna di Cona-Ferrara, il Servizio di Psico-Oncologia della USL di Ferrara e i Day hospital oncologici territoriali di Argenta, Cento e Lagosanto.

Inoltre l’Associazione di Volontariato Giulia Onlus ha realizzato per i genitori presenti in onco-ematologia pediatrica un libretto “Mai Soli” come un “compagno di viaggio” da affiancare al lavoro insostituibile della relazione famiglia- équipe curante, da leggere e rileggere al bisogno. 

 

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