Approfondimenti

La deportazione degli ebrei durante la prima guerra mondiale
Gli ebrei che si trovavano all’interno dell’impero zarista erano obbligati a vivere in un settore preciso di esso, denominato zona di residenza, che si estendeva nelle regioni più occidentali dell’impero stesso. Questi territori (che oggi sono sotto la sovranità di moltissimi Stati, come Lituania, Bielorussa, Polonia ed Ucraina) furono i primi ad essere investiti dall’offensiva tedesca. Pertanto, sospettati di parteggiare per il nemico, negli anni 1914-1915, centinaia di migliaia (mezzo milione, forse di più) furono brutalmente deportati verso l’interno. Il passo seguente è tratto da un resoconto del ministro zarista A. N. Jachontov.
L'antisemitismo come alibi dei generali
Nell’agosto 1915, dopo aver conquistato la Polonia russa, i tedeschi marciarono in direzione di Riga, capitale della Lettonia. I generali dell’esercito russo intensificarono più che mai le deportazioni degli ebrei, che divennero comodi capri espiatori degli insuccessi militari di un impero arretrato e moribondo. Il testo seguente è tratto da un resoconto fornito dal ministro dell’Interno, principe Shcerbatov, ad alcuni suoi colleghi.
La vendita delle donne e dei bambini armeni catturati
Nel 1915, il padre domenicano francese Jacques Rhetore si trovava a Mardin, una cittadina dell'Anatolia centrale. Rethore vide passare sotto le finestre della sua abitazione le colonne di armeni deportati verso il deserto siriano (dove essi venivano uccisi, oppure abbandonati a morire di stenti) e compose il suo memoriale di denuncia sulla base delle testimonianze dei superstiti, che egli ebbe modo di conoscere personalmente .
Zoom immagine
Terezín, 2006. L’ingresso della piccola fortezza, trasformata dai nazisti in lager.

Azioni sul documento