L'antisemitismo come alibi dei generali
Cerchiamo inutilmente di far ragionare il comando supremo. Tutti noi siamo già intervenuti, sia collettivamente, sia collettivamente sia individualmente, ma l’onnipotente Janushkevic non tiene in alcun conto gli interessi dello Stato. Egli si serve dei pregiudizi di cui sono oggetto gli ebrei per addossare loro la responsabilità di tutti i nostri insuccessi; questa politica dà i suoi frutti e nell’esercito le tendenze pogromiste si rafforzano. Mi spiace dirlo, ma siamo fra noi, ed ho il sospetto che Janushkevic voglia servirsi degli ebrei come alibi. Del resto anche se il comando supremo desse l’ordine di metter fine agli eccessi antiebraici, il danno già stato fatto. Attualmente centinaia di migliaia di ebrei di ogni età, sesso e condizione marciano verso est.
Le autorità locali fanno sapere che non sono in grado di garantire la sicurezza dei deportati, data l’eccitazione degli animi e l’agitazione pogromista diffusa soprattutto fra i soldati che ritornano dal fronte. Siamo dunque obbligati ad autorizzare l’insediamento degli ebrei fuori della zona di residenza; le leggi in vigore vennero varate in condizione di normalità, ora siamo in mezzo a una catastrofe e dobbiamo tenerne conto.
I dirigenti dell’ebraismo russo insistono sulla necessità di misure di ordine generale per alleviare la condizione dei loro compatrioti. Nel corso di un animato colloquio mi si è parlato con estrema franchezza della crescita di tendenze rivoluzionarie tra le masse ebree, di propositi di autodifesa attiva, della minaccia di grossi disordini e così via; mi è stato detto che anche all’estero si comincia a perdere la pazienza e che la Russia rischia di vedersi tagliare i crediti. In altre parole, siamo di fronte a un ultimatum: se volete i soldi per fare la guerra, allora…
Queste richieste ci inducono ad emanare una legge che, alleviando la situazione dei rifugiati, rappresenti anche la riabilitazione delle masse ebree dall’accusa di tradimento.
(L. Poliakov, Storia dell' antisemitismo. IV. L' Europa suicida, 1870-1933, Firenze, La Nuova Italia, 1990, pp. 193-194. Traduzione di R. Rossini)