La deportazione degli ebrei durante la prima guerra mondiale

Gli ebrei che si trovavano all’interno dell’impero zarista erano obbligati a vivere in un settore preciso di esso, denominato zona di residenza, che si estendeva nelle regioni più occidentali dell’impero stesso. Questi territori (che oggi sono sotto la sovranità di moltissimi Stati, come Lituania, Bielorussa, Polonia ed Ucraina) furono i primi ad essere investiti dall’offensiva tedesca. Pertanto, sospettati di parteggiare per il nemico, negli anni 1914-1915, centinaia di migliaia (mezzo milione, forse di più) furono brutalmente deportati verso l’interno. Il passo seguente è tratto da un resoconto del ministro zarista A. N. Jachontov.

Al quartier generale sono convinti che la popolazione ebraica presente in zona d’operazioni sia un focolaio di spionaggio e di aiuti al nemico. Perciò qualcuno ha prospettato la necessità di evacuare gli ebrei della zona del fronte. Il provvedimento è stato applicato per la prima volta in Galizia. Le autorità delle retrovie hanno cominciato a deportare migliaia e migliaia di ebrei verso l’interno della Russia. Naturalmente lo si  è fatto su una base obbligatoria, non volontaria. Gli ebrei sono stati espulsi tutti, senza eccezione per l’età o il sesso.Tra i deportati c’erano malati, invalidi e perfino donne incinte.

Le voci sul provvedimento e sulle violenze che ne hanno caratterizzato l’applicazione si sono diffuse in Russia e all’estero. Gli ebrei influenti di tutto il mondo hanno dato l’allarme. I governi alleati hanno cominciato a protestare contro questo tipo di politica e ne hanno fatto rilevare le pericolose conseguenze. Il ministro delle finanze ha avuto diverse difficoltà nell’espletare le operazioni finanziarie. Il consiglio dei ministri ha ripetutamente richiamato l’attenzionedel comandante supremo e del generale Janushkevic, sia per iscritto sia con interventi personali del primo ministro e di vari ministri, sulla necessità di rinunciare alla persecuzione degli ebrei e di fare cadere le accuse generalizzate di tradimento contro di loro, spiegando che lo consigliavano considerazioni di politica interna e estera; pure, il quartier generale è rimasto sordo a tutti gli argomenti e a tutti i tentativi di persuasione.

Al contrario, quando nel corso della nostra ritirata cominciò l’evacuazione delle province russe, la migrazione obbligatoria degli ebrei fu effettuata su larga scala da distaccamenti militari assegnati esclusivamente a questo compito, prima in Curlandia poi altrove. Ciò che è accaduto nel corso dell’esecuzione di queste operazioni sfida ogni descrizione. Perfino antisemiti accaniti si sono presentati ai membri del governo con proteste e deplorazioni per il rivoltante trattamento riservato agli ebrei al fronte. Il risultato è che la vita, in quelle province della zona di Residenza nelle quali i profughi forzati sono stati trasferiti dalle autorità militari, è diventata intollerabile non solo per la folla eterogenea di quei disgraziati ma anche per la popolazione locale.

Le crisi di ogni genere – di viveri, di alloggi e così via – si sono aggravate. Sono scoppiate epidemie. Lo stato d’animo di queste regioni è diventato sempre più preoccupante: gli ebrei sono pieni di rancore contro tutti, e la popolazione locale non sopporta né questi ospiti indesiderati, che in ogni caso sono considerati traditori e spie, né l’intollerabile deterioramento delle proprie condizioni di vita.

(J. Talmon, Israele tra le nazioni, Milano, Edizioni di Comunità, 1973, pp. 84-85. Traduzione di V. Di Giuro)

Azioni sul documento