Approfondimenti
- Le disperate condizioni nell'esercito tedesco nel 1918
- Quella della pugnalata alla schiena è una pura e semplice leggenda. E’ vero che l’esercito tedesco non fu sconfitto in una clamorosa battaglia campale e che gli Alleati non sfondarono il fronte; la prima guerra mondiale, insomma, non si concluse dopo uno scontro dall’esito chiaro, paragonabile a quella di Waterloo. Tuttavia, dopo l’ultima disperata offensiva della primavera-estate 1918, l’esercito tedesco era esausto: sempre affamate e prive di munizioni, le truppe erano allo stremo. Continuare la guerra era semplicemente impossibile. Il passo seguente è tratto dalle memorie di Max Hölz, un agitatore comunista molto attivo nell’immediato dopoguerra.
- Il collasso morale della Germania nel 1918
- Nel 1918, la disfatta tedesca non provocò alcuna sollevazione nazionale. Il paese era stremato, assetato solo di pace. Inoltre, perché un popolo potesse sollevarsi in massa e proseguire il conflitto anche dopo la resa del proprio esercito era necessario che avesse alle spalle (come in Francia) una lunga tradizione rivoluzionaria, del tutto assente nel paese di Bismarck. Il passo seguente è tratto da un romanzo che (pubblicato nel 1930) divenne vero manifesto dell’estrema destra tedesca: l’autore celebrava i Corpi franchi, cioè quei reparti che si rifiutarono di deporre le armi e, a Berlino, a Monaco o sul Baltico, continuarono a combattere, lottando però contro i nemici interni (primi fra tutti i comunisti).
- Zoom immagine
- Berlino, 9 novembre 1918. Soldati rivoluzionari attraversano la Porta di Brandeburgo.

