Minacce di Hitler contro gli ebrei
Che vuol dire pretendiamo? Vi sto chiedendo da parte di chi proviene questa pretesa. Chi è che dà gli ordini? Io soltanto! E così questo signore, l’editore [del giornale di partito] pretende da me, a nome dei suoi lettori, che io faccia ciò. Vorrei dire innanzitutto questo: molto prima che questo editore avesse la benché minima idea di cosa fosse la questione ebraica, io l’avevo già studiata in tutti i dettagli. Secondo, questo problema di marchiare i negozi ebraici è già oggetto di considerazione da due anni, da tre anni, e un giorno verrà certamente risolto in un modo o nell’altro. [...] E lasciatemi aggiungere questo: l’obiettivo finale della nostra politica è ovviamente chiaro a noi tutti. [...] La cosa importante per me è non compiere alcun passo che potrei poi essere costretto a rimangiarmi, e non fare nulla che possa danneggiarci. Sapete che rischio sempre fino al limite del possibile, ma che non oltrepasso mai tale limite. Occorre un naso tanto fine da saper fiutare: Fin dove posso spingermi? Dove debbo fermarmi? [...]
Non voglio costringere subito un nemico a combattere, ma dico: <<Voglio distruggervi!>> Con la mia astuzia vi sto stringendo in un angolo in modo tale che non riusciate a sparare un solo colpo; ed è allora che arriverà la coltellata al cuore.
(S. Friedländer, La Germania nazista e gli ebrei. Volume I: Gli anni della persecuzione, 1933-1939, Milano, Garzanti, 1998, pp. 193-194. Traduzione di S. Minucci)