La struttura di potere nazista

Caos e confusione amministrativa
Germania, anni Trenta. Manifestazione antisemita nazista. Sullo sfondo, campeggia lo slogan Gli ebrei sono la nostra disgrazia (Die Juden sind unser Unglück).A differenza di quanto si pensa di solito, lo Stato nazista non era affatto una macchina perfetta: anzi, il suo funzionamento era spesso difettoso e problematico. La ragione primaria di queste disfunzioni risiedeva nella policrazia, cioè nella presenza simultanea di molte strutture di comando.

L’espressione policrazia fu coniata dal sociologo tedesco Franz Neumann, costretto ad emigrare in Inghilterra nel 1933, dopo essere stato perseguitato dai nazisti. Dall’estero, Neumann seguì con estrema attenzione quanto accadeva in Germania e infine pubblicò, nel 1942, un libro pionieristico, intitolato Behemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo, divenuto un testo indispensabile per chiunque voglia conoscere il funzionamento del sistema di potere hitleriano.

Nel Terzo Reich, era assolutamente normale che numerosi organismi e figure si occupassero delle medesime questioni. Ciò provocava non solo gravi disfunzioni e sovrapposizioni di competenze, ma anche e soprattutto rivalità e contrasti acutissimi, fra i massimi dirigenti del regime. Si trattava, si badi, di scontri interni al regime, non di lotte fra nazisti e antinazisti; malgrado ciò, i toni erano spesso durissimi e violentissimi.

Il ruolo di Hitler come leader carismatico

L’esistenza della policrazia non è messa in discussione da nessuno storico del nazismo. L’impostazione di Neumann, tuttavia, è stata parzialmente corretta e integrata, soprattutto per opera di Ian Kershaw, che ha ampiamente rivalutato il ruolo di Hitler e introdotto il concetto di potere carismatico. Di moltissime faccende, il dittatore non si occupava minimamente; inoltre, amava dare ordini orali, vaghi e generici, che i suoi subordinati (primo fra tutti Himmler, durante la guerra) dovevano trasformare in provvedimenti concreti.  Di qui i conflitti di competenza, i problemi di efficienza e lo sforzo di imporre il proprio orientamento, da parte di ciascun esponente del regime. Comunque, sulle grandi questioni fondamentali (l’espansione verso Est, la guerra, l’annientamento degli ebrei...) le decisioni ultime vennero sempre prese da Hitler.

Inoltre, pur essendo in brutale contrasto reciproco, i principali esponenti del Terzo Reich erano legati da una comune venerazione per il dittatore, del quale cercavano di intuire la volontà e le intenzioni. Prendendo spunto dal Mein Kampf e ispirandosi ai princìpi centrali della concezione del mondo hitleriana, tutti i funzionari nazisti in posizione di responsabilità si sforzavano - come si diceva allora - di <<lavorare in funzione del Fuhrer>>.

Nel caso della politica antiebraica, questo principio di massima lasciò ampio spazio alle iniziative locali. Soprattutto durante la guerra, singoli zelanti funzionari (militari o civili), operanti nei diversi teatri, non ebbero bisogno di ordini per agire. A volte, agirono di propria iniziativa, sicché in periferia vennero prese misure antisemite e assunti comportamenti, più o meno radicali, che il centro (= le autorità di Berlino) non aveva ancora ordinato.

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