Il problema dei matrimoni misti

I matrimoni privilegiati
foto87bis.jpgIl 28 dicembre 1938, fu introdotta un’importante differenziazione all’interno delle unioni miste, tenendo conto dell’appartenenza razziale del coniuge maschio. In pratica, quelli in cui il marito era ariano (mentre la moglie era ebrea) vennero dichiarati matrimoni privilegiati, mentre gli altri rimasero matrimoni misti semplici.

Le mogli ariane di mariti ebrei subirono un trattamento decisamente peggiore delle donne ebree sposate a uomini ariani: le famiglie dei matrimoni misti semplici, ad esempio, potevano venire espulse dalle loro abitazioni ed essere obbligate a risiedere nelle Case degli ebrei (Judenhaeuser): appositi palazzi in cui vennero concentrati tutti gli ebrei tedeschi dopo una direttiva emanata lo stesso 28 dicembre 1939. Dal 1941, inoltre, i figli Mischlinge di una famiglia non privilegiata dovettero portare il distintivo con la stella (come loro padre, ebreo al cento per cento), mentre la moglie ariana fu costretta a lavorare per lo sforzo bellico tedesco, secondo procedure identiche a quelle imposte a tutti gli ebrei del Reich.

Il 27 febbraio 1943 ebbe inizio la grande retata nelle fabbriche, che in pochi giorni vide l’arresto di circa 15 000 ebrei berlinesi, sorpresi sul loro posto di lavoro. Mentre la maggior parte di loro finì ad Auschwitz, coloro che avevano parenti ariani furono temporaneamente sistemati in un edificio situato in Rosenstrasse 2/4 (poco distante dalla Alexanderplatz, vero cuore della capitale negli anni Venti e Trenta) che ospitava un centro di assistenza gestito dalla comunità ebraica.

In Rosenstrasse furono concentrate circa 1000 persone; il numero esatto, comunque, è incerto: minore (800) secondo alcune testimonianze, molto maggiore (quasi 2000) secondo altre. Vi furono portati sia maschi che femmine, sia adulti che ragazzi; per la maggioranza, però, si trattava dei membri non ariani dei matrimoni misti semplici.

Rosenstrasse

Le testimonianze provenienti da ragazze e da giovani donne pongono l’accento soprattutto sulle pessime condizioni dei servizi igienici; nessuno, comunque, fu oggetto di violenza o di percosse, e tanto meno nessuno fu ucciso. La notizia che gli arrestati erano in Rosenstrasse si diffuse abbastanza presto; nel giro di pochissimo tempo, si radunarono varie centinaia di individui (per lo più donne, o più esattamente mogli che avevano il loro coniuge - e talvolta anche i loro figli - in stato di arresto) che si misero a reclamare la liberazione dei loro cari. La protesta si protrasse per alcuni giorni (otto, complessivamente) e si concluse con l’effettivo, sia pur graduale, rilascio dei detenuti.

La disfatta di Stalingrado si era consumata appena due mesi prima; inoltre, nella notte tra l’1 e il 2 marzo 1943, Berlino fu oggetto del primo massiccio bombardamento aereo britannico. Erano due segni evidenti del fatto che la guerra si stava mettendo male: in una simile situazione, il consenso della popolazione tedesca intorno al regime diventava ogni giorno più necessario, se si voleva evitare un collasso simile a quello verificatosi nel novembre 1918. Da questa considerazione, forse, nacque la scelta di non spazzare via con la violenza l’assembramento creatosi nel centro stesso della capitale, di cedere alla richiesta dei dimostranti e di restituire alle mogli ariane i loro mariti ebrei (e i loro figli di sangue misto).

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