L'antisemitismo tedesco: un fenomeno di massa?

Sconfitta dei partiti antisemiti
Germania, 1930. Manifesto elettorale del partito nazista.Nel 1996, la pubblicazione di I volonterosi carnefici di Hitler. I tedeschi comuni e l’Olocausto, di D. J. Goldhagen, provocò fra gli storici una serrata discussione.  Goldhagen sosteneva che l’odio per gli ebrei era universalmente presente da più di un secolo in tutti i settori e i segmenti della società tedesca, cioè era una componente decisiva e ineliminabile della  cultura germanica.

I limiti dell’approccio di Goldhagen sono stati messi a fuoco da numerosi studiosi, che innanzi tutto hanno ricordato un importante dato elettorale: nel 1912, con oltre 4 milioni di voti, il partito socialista divenne il primo partito tedesco e riuscì a passare da 43 a 110 parlamentari, corrispondenti a circa il doppio di tutti i deputati conservatori. Queste elezioni furono polemicamente definite dagli antisemiti come Judenwahlen, elezioni giudaiche, per il fatto che vennero eletti al Reichstag ben 20 parlamentari di origini ebraiche. Per i partiti che avevano costruito il loro programma sull’ostilità agli ebrei si trattò di un vero tracollo.

Sulla base di questa elementare constatazione (sul piano elettorale, i partiti antisemiti non vennero assolutamente sostenuti e premiati dall’opinione pubblica tedesca, che indirizzò invece il suo voto, soprattutto, verso la socialdemocrazia) si può affermare che la storia dell’antisemitismo organizzato in Germania, nel periodo guglielmino (1871-1918), è in sostanza la storia di una sconfitta.

Prima nazisti, poi antisemiti

La prima impressione, che si ricava dai semplici dati elettorali, è confermata da vari altri indizi, primo fra tutti le conclusioni degli studi condotti sulla propaganda nazista prima della conquista del potere nel 1933. L’analisi degli slogan elettorali nazisti, infatti, mostra che l'antisemitismo ha giocato un ruolo molto scarso nella propaganda nazista, per tutti gli anni Venti. Certo, l’odio per gli ebrei è un aspetto originario e centrale nell’ideologia nazista: questo è fuori discussione. La questione vera non riguarda i nazisti, ma i milioni di cittadini che negli anni 1930-1932 votarono per la NSDAP  alle elezioni, senza essere iscritti al Partito.

Con quali argomenti la macchina propagandistica catturò i loro voti? L’analisi dei discorsi, dei manifesti, degli slogan porta a rispondere che la revisione del trattato di Versailles, la disoccupazione di massa e la paura di una rivoluzione sovietica furono gli argomenti fondamentali. Resta ancora convincente, insomma, la conclusione cui era arrivato W. S. Allen nel 1965, al termine di una ricerca di microstoria condotta in una piccola città tedesca della regione di Hannover. Da un lato, mancò la capacità di capire la vera e più intima natura del nazismo, scambiato per una forma radicale del tradizionale nazionalismo tedesco; solo col passar del tempo, in una città sostanzialmente priva di odio per gli ebrei, questo divenne realtà quotidiana, passivamente accettata. In sintesi, l’impressione è che i tedeschi (o molti di loro) non siano diventati nazisti perché antisemiti: piuttosto, dopo essersi avvicinati alla NSDAP spinti dai più diversi motivi, ne assimilarono gradualmente appieno anche l’antisemitismo, trasformandosi in potenziali assassini.

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