La Polonia e gli ebrei

La guerra russo-polacca del 1920-1921
Polonia, 1919-1920. Cartolina postale raffigurante un alfiere della rivoluzione, cioè un soldato bolscevico. Il grosso naso e le orecchie deformi lo identificano come un ebreo. Il messaggio che si vuole trasmettere è quello secondo cui gli ebrei sono i veri registi e burattinai della rivoluzione comunista.Nell'aprile del 1920, pensando di poter approfittare della debolezza del neonato stato sovietico, la Polonia ne occupò le regioni più occidentali; a giugno, tuttavia, l'esercito russo riuscì a contrattaccare, giungendo fino alle porte di Varsavia. La speranza di Lenin era che i lavoratori polacchi considerassero l'esercito russo come il loro liberatore dal giogo capitalistico e quindi lo accogliessero insorgendo contro lo Stato borghese. Viceversa, gli operai polacchi risultarono assai più sensibili al richiamo del sentimento nazionale che a quello della solidarietà di classe, col risultato che i sovietici furono costretti a compiere una precipitosa ritirata e infine (dopo il Trattato di Riga, del marzo 1921) ad arretrare il proprio confine con la Polonia per circa 200 Km.

La propaganda di guerra polacca fece ampio uso di temi e motivi antisemiti. Numerose cartoline postali (mezzi di comunicazione poveri e decisamente poco raffinati, certo, ma capaci comunque di penetrare in tutte le case) raffigurarono gli ufficiali sovietici con le fattezze fisiche che la propaganda antisemita attribuiva agli ebrei. Quei soldati, dunque, risultano mostruosi, deformi e demoniaci; dotati di orecchie a punta (da topo, o meglio, da vampiro assetato di sangue) e di enormi nasoni, sono figure grottesche, al limite del disumano.

Antisemitismo di Stato

In pratica, si trasmise ai polacchi l’idea secondo cui i bolscevichi russi non erano altro che delle marionette pilotate dagli ebrei, veri registi e manovratori della rivoluzione d’ottobre, concepita come il primo passo compiuto dagli ebrei sulla strada del potere mondiale; e senz'altro si può dire che tale interpretazione antisemita, non meno del nazionalismo polacco e della tradizionale ostilità nei confronti del potente vicino russo, fu decisiva nello spingere i lavoratori polacchi a difendere la loro patria dal rischio di una dominazione sovietica.

Questa concezione spiega come mai, durante la guerra, l’esercito polacco si sia lasciato andare a numerosi pogrom, del tutto simili a quelli compiuti in Ucraina dai bianchi, durante la guerra civile contro i bolscevichi. Inoltre, la diffusa diffidenza nei confronti degli ebrei spiega le resistenze che vennero opposte in Polonia all’applicazione del principio dell’uguaglianza effettiva di tutti i cittadini di fronte alla legge e allo stato, sancito dalla Costituzione del 1921.  Ci vollero ben dodici anni e otto progetti di legge per eliminare formalmente tutte le restrizioni che la vecchia legislazione (di matrice zarista) poneva ai diritti degli ebrei.

Intanto, un nuovo provvedimento, emanato nel 1923 dal ministero dei culti e della pubblica istruzione, di fatto permetteva ai dipartimenti universitari di introdurre il numero chiuso per gli studenti israeliti. Infine, nell’autunno del 1937, lo stesso ministero ritenne legittimo il provvedimento assunto da numerose istituzioni scolastiche e noto come ghetto dei banchi: in pratica, a partire da quel momento, gli studenti ebrei sedettero nella parte sinistra delle aule, mentre ai cristiani era riservata la parte destra dei locali.

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