Un pogrom contro gli ebrei, attuato dai polacchi durante la guerra del 1920-1921

Isaak Babel’ pubblicò L’armata a cavallo nel 1926. In diversi racconti, l’autore descrive con toccante dolcezza il mondo degli ebrei ucraini, che dopo aver subito le violenze dei Bianchi, durante la guerra civile, furono spesso oggetto di brutalità anche da parte dei polacchi.

Proprio lì, a due passi da noi, correvan le posizioni avanzate. Io vedevo i fumaioli di Zamost’e, i fuocherelli furtivi dei vicoli del suo ghetto e la torricella di vedetta con un lampione spezzato. L’umida aurora ci inondava quasi a flutti di cloroformio. Verdi razzi s’avvitavano al di sopra dell’accampamento polacco. Sfarfallavano per aria, si sparpagliavano come rose sotto la luna, e si spengevano.

Ma io sentii nel silenzio un soffio remoto di gemiti. Intorno a noi vagava il fumo di un occulto massacro.

Ammazzano qualcuno, - io dissi, chi ammazzano?

Il polacco s’arrabbia, - mi rispose il contadino, - il polacco fa strage di giudei.

Il contadino si passò il fucile dalla destra nella sinistra. La sua barba si volse  di sbieco, mi guardò con affetto e mi disse:

Queste notti in avamposti son lunghe e non hanno mai fine. Ed ecco che all’uomo vien voglia di parlare
con un altr’uomo, e dove lo trovi un altr’uomo?

Il contadino volle che accendessi la mia sigaretta alla sua.

- Il giudeo ha torto dinanzi a tutti, egli disse, a quelli come noi e come voi. Ma dopo guerra ne rimarrà
un piccolissimo numero. Quanti giudei si contano al mondo?

Dieci milioni, - risposi riaggiustando il morso al cavallo.

Ne resteranno duecentomila, - gridò il contadino, e mi toccò il braccio temendo che io me ne andassi. 
Ma io saltai in sella e galoppai verso la sede dello stato maggiore.

(I. Babel’, L’armata a cavallo, Torino, Einaudi, 1977, p. 106. Traduzione di R. Poggioli)

Azioni sul documento