Lavoratori tedeschi e lavoratori stranieri

I campi di educazione attraverso il lavoro
Ravensbrück, 1940-1941. Donne al lavoro. La foto fa parte di un album, realizzato dalle SS a scopo di rappresentanzaNel 1940, la Gestapo fu autorizzata a creare un nuovo tipo di lager, denominaticampi di educazione attraverso il lavoro.Si trattava di strutture punitive, destinate a lavoratori tedeschi giudicati improduttivi o turbolenti. Il primo di questi campi (chiamati anche AEL) fu creato nell’aprile 1940 a Wuhlheide, vicino a Berlino, quando la polizia politica offrì alle ferrovie alcuni soggetti in stato d’arresto perchélavativi sul luogo di lavoro. Più tardi, campi simili furono organizzati anche nelle regioni della Renania e della Ruhr, spesso dietro esplicita richiesta dei sindaci delle città in cui poi i campi prendevano sede. Gli AEL non erano un segreto: come i primi lager del 1933, la loro esistenza era sbandierata e pubblicizzata; tutti dovevano essere consapevoli del rischio che si correva a non fare il proprio dovere in fabbrica. Formalmente, non si trattava di veri e propri lager; nella pratica, le condizioni di vita e di lavoro non erano molto differenti. La detenzione, di solito, era temporanea, ma non inferiore alle 8 settimane. Al momento, sono stati individuati dagli storici 106 AEL (più 18 sottocampi): 23 di essi erano femminili, 80 maschili, gli altri a popolazione mista.

Negli AEL venivano condotti anche i lavoratori stranieri che dovevano essere puniti per qualche infrazione. La deportazione su grande scala di manodopera dai territori occupati iniziò dopo l’arresto dell’offensiva sul fronte russo. Dapprima, la maggior parte della manodopera venne reclutata in Francia e negli altri paesi occidentali. Poiché il numero di lavoratori non era sufficiente a coprire tutte le esigenze della produzione bellica, il 21 marzo 1942 Hitler autorizzò il suo plenipotenziario per il reclutamento della manodopera, Fritz Sauckel, a procurarsela con ogni mezzo, nei territori dell’Est, cioè in Polonia, in Ucraina, in Bielorussia e nei Paesi Baltici.

 

I lavoratori dell’Est

Nel maggio 1942, furono catturati in URSS 148.000 civili, in giugno se ne aggiunsero altri 164.000. In tutto, furono circa 2.800.000 (tra il 1942 e il 1944) i cittadini sovietici che furono deportati in Germania. Le modalità di reclutamento furono ben presto così sommarie e brutali, da lasciare perplessi persino molti funzionari tedeschi, convinti che le retate di massa compiute nei cinema o tra le donne in fila per comprare il latte, avessero come unico risultato quello di spingere un numero crescente di civili nelle fila dei partigiani. Persino il governatore della Polonia Hans Frank, verso la fine del 1943, denunciò il fatto che le razzie indiscriminate di lavoratori polacchi (in tutto, più di 2.500.000) da spedire all’interno del Reich avevano gravissimi effetti controproducenti, in quanto aggravarono notevolmente l’odio della popolazione contro i tedeschi.

Una volta condotti in Germania, questi lavoratori forzati dovevano portare ben in vista sui vestiti precisi segni di identificazione: una P per i polacchi, una OST (= Est) per i sovietici. Se qualcuno dei deportati dall’Est avesse osato avere relazioni sessuali con una donna tedesca, sarebbe stato punito con la pena di morte.

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