Una lettera dal campo AEL di Breitenau

L’ex monastero benedettino di Breitenau (a sud di Kassel) era stato adibito per breve tempo a lager, negli anni 1933-1934. Nel maggio 1940, la Gestapo decise di usare di nuovo il complesso come luogo di detenzione, e aprì lì un campo di educazione attraverso il lavoro. Tra i numerosi internati (la capienza media era di circa 350 detenuti), incontriamo anche Lilli Jahn, una dottoressa ebrea tedesca che fu registrata il 3 settembre 1943. Non venne più liberata: anzi, nel marzo 1944 venne deportata ad Auschwitz, dove morì il 17 o 19 giugno 1944. Nel periodo della sua reclusione a Breitenau, Lilli Jahn riuscì a intrattenere una fitta corrispondenza (più o meno clandestina) con i figli, che non erano stati arrestati in quanto il loro padre era ariano. La lettera seguente è del 3 ottobre 1943 (domenica).

Miei amatissimi figli, tutti e sei,

solo oggi ho la possibilità di scrivervi dopo un silenzio di otto giorni, ma una persona buonami ha regalato busta e francobolli e domani spedirà anche queste righe. Spero dunque che riceviate questi foglietti martedì o mercoledì. Nella risposta nondovete rivelare di aver ricevuto mie nuove, pernessunmotivo al mondo, altrimenti me la vedrò molto brutta. Vi avevo già scritto la settimana scorsa, ma ho avuto occasione di spedire la lettera solo venerdì, e senzafrancobolli. Mi auguro che sia arrivata comunque.

Penso a voi giorno e notte, miei cari figlioli, e, più resto lontana, più la nostalgia diventa forte e dolorosa. Se solo sapessi quando potrò tornare a casa! Ah, come vorrei che quel momento arrivasse
presto! Qui la mia gioia più grande e la mia unica consolazione sono le vostre notizie e i vostri pensieri, per cui non potrò mai ringraziarvi abbastanza. [...]

Ah, ieri sera, ad allietarmi la domenica, è arrivato il pacchetto di Eva con i pasticcini e i pezzettini di mela. Mi ha fatto tanto piacere, piccola mia. Questa settimana ho ricevuto due volte i giornali e tre pacchetti (finora undici pezzi in totale): uno con il pane, uno con le mele e due noci, uno con le mele e il formaggio. Mille grazie. Potete davvero fare a meno del formaggio? E del pane? A ogni modo, vi sono grata per tutto ciò che spedite, perché qui ci danno pochissimo da mangiare: niente burro, niente carne e un pezzetto di salsiccia ogni due settimane. Sempre e solo minestra, e la domenica è il giorno peggiore: la mattina, alle sei e mezzo, ci distribuiscono un pezzo di pane secco e un rivoltante caffè brodoso, alle undici una minestra acquosa o una patata lessa con un poco di salsa e un cetriolo e alle quattro del pomeriggio un altro pezzo di pane secco con un poco di salsiccia o un cucchiaio di ricotta e qualche sorso di caffè, e poi nient’altro fino al giorno successivo. Sono dunque molto riconoscente di avere pane e formaggio tutte le sere e di tanto in tanto le vostre deliziose mele. Ma, per l’amor del cielo, non accennate a
nientedi tutto questo nelle vostre lettere. Per favore, se potete, mandatemi un altro po’ di sale, della marmellata, nientepasta e, appena possibile, una confezione di assorbenti. [...]

Ora devo smettere di scrivere perché ho finito la carta. Salutatemi tanto anche zia Maria. Non può darmi una mano? Che Dio vi protegga, miei amati figlioli. Vi saluto con tanto affetto e vi bacio con profondo amore e gratitudine.

La vostra mamma

 

(M. Doerry, Lilli Jahn. Il mio cuore ferito. Lettere di una madre dall’Olocausto, Milano, Rizzoli, 2003, pp. 168-171. Traduzione di R. Zuppet. Non sappiamo se le parole sottolineate nel testo siano state evidenziate da Lilli Jahn oppure dai suoi figli)

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