"Manca protezione per sottrazione interna minori"

28.07.2015

 

A volte non c'è nemmeno bisogno di un confine per separare un genitore dai propri figli: lo sa bene un padre di Bologna, che si è rivolto a Luigi Fadiga, Garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza, dopo non aver visto i suoi due bambini per otto mesi, da quando cioè l'ex moglie si è improvvisamente trasferita, insieme al nuovo compagno, a 700 chilometri dalla città dove avevano sempre abitato. Quasi 250 giorni, riferisce il Garante, in cui all'uomo erano stati concessi solo “rari e 'sorvegliati' contatti telefonici”, sufficienti però a far nascere in lui il timore che i figli “crescano in un ambiente fortemente negativo, senza che nessuno si occupi di loro o vigili sulle loro condizioni”.
D'altra parte, specifica la figura di garanzia dell'Assemblea legislativa regionale, “l’ordinanza del tribunale autorizza gli ex coniugi a vivere separati, lasciandoli liberi di fissare le propria residenza dove credono previa tempestiva comunicazione all’ex coniuge” e quindi “a nulla sono serviti i tentativi di mediazione dei servizi e gli inviti a rinviare la partenza per consentire ai bambini di concludere l’anno scolastico e prepararli con gradualità alla nuova prospettiva”.
 
Si tratta insomma, spiega Fadiga, di un caso di “vera e propria sottrazione di minori, intendendo con queste termine quelle situazioni in cui un genitore arbitrariamente porta con sé o trattiene presso di sé il figlio, allontanandolo o tenendolo lontano dall’altro genitore”: per fortuna, continua, le sottrazioni sono solo una minima parte delle 18 segnalazioni ricevute nel 2014 per il mancato rispetto delle disposizioni sull’affidamento e sul diritto di visita dei figli.
 
Fadiga ora prenderà contatto con il suo pari ruolo della Regione coinvolta perché attivi i servizi sociali del luogo, ma qui si ferma la sua competenza: il Garante non può infatti intervenire né interferire nei procedimenti in corso davanti all’Autorità giudiziaria, ed è unicamente a quell’Autorità che vanno rivolte le eventuali richieste di modifica dei provvedimenti: solo “una maggiore attenzione alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo potrebbe forse modificare certe tendenze giurisprudenziali che non sembrano condivisibili”, puntualizza Fadiga.
 
Il problema nasce infatti perché “a livello interno l’ordinamento italiano non dedica un’attenzione specifica a questo fenomeno” e quindi, rimarca, la legge al massimo “può fornire al minore una protezione meramente indiretta”. Di sicuro, lamenta il Garante, “non tutela invece la sua vita affettiva e relazionale: in sede civile infatti non esistono strumenti espressamente dedicati a contrastare il fenomeno e a proteggere il minore dalla sottrazione o dal mancato ritorno, e quanto più egli è piccolo, tanto più sono evidenti il sopruso e la violenza esercitati a suo danno”. La strada da percorrere resta allora quella della modificazione dei provvedimenti della separazione, come prevede il codice di procedura civile, ragiona Fadiga.
 
Quello di Bologna comunque “non è un caso isolato, ma è difficile valutare la consistenza del fenomeno all’interno del territorio perché non esistono dati certi- avverte-, ma di sicuro la percentuale dei trasferimenti dopo la separazione, con allontanamenti anche di centinaia di chilometri dalla precedente residenza, è altissima, tanto più che la separazione avviene mediamente 13-14 anni dopo il matrimonio, e cioè quando è lecito pensare che le persone coinvolte e i loro figli siano ben radicate nel posto”. Di sicuro, lamenta Fadiga, “sono tantissimi i minori vittime di questo fenomeno o esposti al rischio di essere improvvisamente allontanati dal genitore col quale convivono, o di subire pesanti limitazioni al diritto di mantenere regolari rapporti col genitore non affidatario ma anche con i suoi ascendenti: in regime di affidamento condiviso il trasferimento di residenza non può essere deciso unilateralmente da uno dei due genitori, è una delle decisioni di maggiore interesse per i figli perché condiziona le scelte relative all’istruzione e all’educazione e può ostacolare il rapporto di uno dei genitori affidatari col figlio e viceversa”.

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