L'Italia ratifica la Convenzione di Istanbul contro la violenza domestica

06.06.2013

L'Italia ratifica la Convenzione di Istanbul contro la violenza domestica

scarpe rosse per ricordare le vittime di violenza domestica

Il mese scorso è stata approvata dal Parlamento italiano la ratifica della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, redatta a Istanbul dal Consiglio d’Europa nel 2011 per combattere le forme di violenza domestica nei confronti delle donne.

Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che si occuperebbe in modo concreto di questo fenomeno non sconosciuto, né nuovo, ma per entrare in vigore ha bisogno della ratifica di almeno 10 Stati. Per ora siamo a quota 5 con Albania, Montenegro, Portogallo e Turchia anche se gli Stati firmatari sono già 28.

La Convenzione di Istanbul - Ma che cosa prevede la Convenzione di Istanbul? Innanzitutto bisogna sottolineare che si tratta di un documento fortemente sostenuto e supportato da associazioni e Ong europee e non, rivolto a donne, ma anche a bambini e anziani, intesi come soggetti più deboli all’interno della famiglia, con un approccio al tema della violenza indissolubilmente legato a quello della discriminazione di genere. La violenza contro le donne è qui intesa non solo come violenza fisica e sessuale ma riguarda tutte le forme di coercizione, obbligo, e privazione delle libertà che attuano gli uomini nei confronti delle donne – dai matrimoni forzati, alle minacce, alle mutilazioni genitali – spesso frutto di culture fortemente maschiliste che permangono in molte società, compresa la nostra.

Nella Convenzione di Istanbul, la violenza contro le donne è definita come “una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione”.

È evidente anche solo leggendo questo assunto, che l’obiettivo di questo strumento non sarà solo quello di combattere e punire le forme di violenza – tutti i tipi di violenza domestica - nei confronti delle donne, ma anche puntare alla prevenzione, alla tutela, all’educazione, alla politica per far fronte ad un problema “storico”.

Gli articoli - Ottantuno articoli per prevenire e contrastare il fenomeno, cercando di predisporre un quadro politico omogeneo e coerente in più Stati, garantire maggiore protezione alle vittime (e ai bambini e agli anziani) e più sostegno alle associazioni e Ong che se ne occupano.

Ecco i punti salienti della Convenzione:

- maggiore cooperazione internazionale per prevenire, combattere e perseguire gli atti di violenza domestica;
- più attenzione e protezione nei confronti delle vittime, porre al centro i loro diritti;
- formazione di nuove figure professionali che siano di supporto alle vittime;
- maggiore sostegno alle associazioni e Ong attive nella lotta contro la violenza alle donne, più informazione e diffusione riguardo le loro attività a tutti i cittadini;
- nuovi organismi ufficiali di controllo e monitoraggio del fenomeno;
- raccolta di dati e informazioni internazionali per sostenere le diverse forme di ricerca del fenomeno;
- educazione nelle scuole più orientata alla parità dei sessi, al reciproco rispetto, alla risoluzione non violenta dei conflitti, introduzione al tema della violenza di genere;
- maggiore partecipazione dei mass media nel promuovere e stabilire norme di autoregolazione per prevenire la violenza contro le donne;
- più attenzione e protezione anche nei confronti di bambini, testimoni della violenza, o figli delle vittime;
- misure legislative tempestive ed appropriate;
- introduzione di diversi tipi di reati (che riguardano violenza fisica e psicologica, sessuale, stupro, mutilazioni genitali, aborto forzato, molestie sessuali, stalking) perseguibili penalmente;
- maggiore armonizzazione delle leggi internazionali.

Infine, un articolo della Convenzione sottolinea come sia necessario che l’intera società si faccia carico del problema, promuovendo tutti quei cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, che elimino “pregiudizi, costumi, tradizioni basati sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini”.

Un obiettivo quindi che deve essere perseguito non solo dal terzo settore, dalle istituzioni, dalle scuole, dai mass media, dagli organi di giustizia, ma dalla società tutta – a partire da ogni singolo individuo.

Qual è l'impegno dell'Italia? - L’Italia ha approvato la ratifica all’unanimità, e il presidente della Camera, Laura Boldrini, nel ricordare come l’uguaglianza di genere sia un obiettivo imprescindibile in questa lotta, ha sottolineato che “nessuna violenza può essere debellata fino a quando il rapporto uomo-donna non si libererà di concetti come subalternità e possesso”. Il ministro delle pari opportunità, Josefa Idem ha invece specificato che presto verrà predisposta una task force governativa di ministri per contrastare il fenomeno e verrà promosso Osservatorio nazionale sulla violenza di genere e sullo stalking.

L’Italia, già nel 1985, aveva ratificato (insieme ad altri 184 Stati) la Convenzione Onu sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna promossa del Comitato CEDAW per garantire l’accesso e la partecipazione delle donne in tutti i campi – salute, politica, lavoro... - ma molti dei principi contenuti nel documento non sono stati attesi e l’Italia ha ricevuto alcune raccomandazioni da parte del CEDAW. A luglio di quest’anno il nostro Stato dovrà sottoporsi a un nuovo esame.

Francesca Mezzadri

Per saperne di più:
La Convenzione dal sito del Consiglio d'Europa

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