La rivolta del ghetto di Varsavia

L’Organizzazione ebraica di combattimento
Polonia, 13 luglio 1943. Tsvi Nusbaum viene arrestato, a Varsavia, al Polski Hotel. La foto fa parte del dossier fotografico inviato a Berlino da Jürgen Stroop, l’ufficiale incaricato di reprimere la rivolta del ghetto. In realtà, però, pare che l’immagine sia stata scattata qualche mese più tardi, in un altro quartiere della capitale polacca.La traumatica esperienza delle deportazioni dell’estate 1942 e la fallimentare politica di acquiescenza attuata dal Consiglio ebraico spinsero alcuni giovani di movimenti e partiti già attivi prima della guerra (come Hashomer Hatsair, sionista, e il Bund, socialista) a dar vita ad una Organizzazione Ebraica di Combattimento (Zydowska Organizacja Bojowa - ZOB). Verso il 20 ottobre, venne creata una Commissione di Coordinamento, mentre a Mordechai Anielewicz venne assegnato il comando delle eventuali operazioni militari. Il problema più serio da affrontare, in vista di una rivolta, riguardò il rifornimento di armi, che la resistenza nazionalista polacca (Armia Krajova) offrì in quantità molto limitata.

Il 9 gennaio 1943, Himmler visitò Varsavia e rimase contrariato per il fatto che nella capitale polacca vi fossero ancora moltissimi ebrei, impegnati in fabbriche di proprietà tedesche. Il comandante delle SS, pertanto, ordinò una drastica epurazione del ghetto. Il 18 gennaio, alle 6 del mattino, poliziotti tedeschi e ucraini entrarono nel quartiere ebraico; il rastrellamento durò fino al 21 gennaio e vennero catturate 5-6000 persone. L’operazione, però, non fu per nulla agevole, in quanto la maggior parte della popolazione restò nascosta nei rifugi che aveva approntato dopo le deportazioni dell’estate 1942. Inoltre, vennero sparati alcuni colpi e un tedesco venne ucciso.

L’insurrezione

Il 16 febbraio 1943, Himmler ordinò la completa cancellazione del ghetto di Varsavia. La polizia tedesca in servizio a Varsavia, però, diede corso al comando di Himmler solo dopo due mesi: un intervallo di tempo che permise alla ZOB (colta di sorpresa, in gennaio) di elaborare un piano di difesa. L’azione tedesca iniziò lunedì 19 aprile (vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica) alle 4 del mattino. Il colonnello von Sammern si attendeva uno scontro, ma non una resistenza tenace ed organizzata. Il generale Krüger, comandante della polizia di Cracovia (capitale del Governatorato generale), ricevuto l’imbarazzante rapporto che segnalava le prime perdite e la ritirata delle truppe inviate a rastrellare il ghetto, obbligò von Sammern alle dimissioni e lo sostituì con il generale Jürgen Stroop.

I primi incendi si svilupparono come conseguenza dei combattimenti. Dal giorno 20 aprile, tuttavia, Stroop ordinò la sistematica distruzione col fuoco di tutti gli edifici del ghetto, in quanto si rese conto dell’esistenza di innumerevoli rifugi sotterranei, usati sia dai combattenti sia dalla popolazione che cercava di evitare l’arresto e la deportazione. Per scovare e stanare gli ebrei dai nascondigli e dalle fogne, vennero usati anche i gas (Stroop, tuttavia, sostenne sempre che si trattava di fumogeni). Nel suo rapporto del 26 aprile, Stroop annotò di aver già catturato  30 000 ebrei. L’azione proseguì per circa un mese, anche dopo che – l’8 maggio – Mordechai Anielewicz e numerosi altri combattenti furono uccisi, nel loro rifugio di via Mila 8.

Il 24 maggio Stroop scrisse di aver catturato 56 065 ebrei e di averne già eliminati 13 929. Le perdite tedesche erano decisamente modeste: 16 morti e 85 feriti.

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