Il problema delle armi

Nel marzo 1943, l’Organizzazione Ebraica di Combattimento aveva ormai convinto la maggior parte degli ebrei di Varsavia a resistere. Allorché i tedeschi chiesero agli operai della fabbrica di spazzole di presentarsi alla stazione, per essere trasferiti, su 3600 si presentarono in 30. Il principale problema pratico, però, riguardava le armi. Le insistenti richieste inoltrate al comando della resistenza nazionalista polacca restarono, in pratica, senza risposta, anche dopo l’inizio della rivolta.

18 marzo 1943

Cari signori,

La situazione diventa più critica ogni ora che passa. Millecinquecento persone della fabbrica di Schulz debbono essere deportate oggi stesso. Prevediamo azioni nel ghetto e nelle fabbriche. L’episodio degli operai dello spazzolificio, conclusosi con la nostra completa vittoria, ha convinto definitivamente il nemico a riprendere il metodo dell’assedio e della forza. Nei prossimi giorni può cominciare il totale sterminio degli ebrei di Varsavia.

Siamo pronti? Dal punto di vista materiale stiamo molto male! Delle quarantanove rivoltelle assegnateci, possiamo usarne solo trentasei a causa della mancanza di munizioni, che si è molto aggravata dopo le molte azioni eseguite nelle ultime settimane e nelle quali abbiamo consumato una gran parte della nostra riserva di munizioni. Ora ci rimangono soltanto dieci colpi per ogni rivoltella; è una situazione catastrofica.

Vi prego di far sapere alle autorità che se non ci verrà dato subito un aiuto effettivo, ciò sarà da noi considerato come prova di un atteggiamento di indifferenza, da parte della Delegatura [= i rappresentanti a Varsavia del governo polacco in esilio a Londra – n.d.r.] e delle autorità, per la sorte degli ebrei di Varsavia.

Assegnarci delle rivoltelle senza le relative munizioni è una cinica beffa per la nostra sorte, e ci rafforza nella supposizione che il veleno dell’antisemitismo continui ad agire negli ambienti delle autorità polacche, nonostante la terribile e tragica esperienza dei tre ultimi anni.

Della nostra capacità di lotta e della nostra decisione di resistere abbiamo dato ampie prove. Dal 18 gennaio tutta la popolazione ebraica di Varsavia si trova in stato di lotta continua contro l’invasore e i suoi servi. Chi nega questo, o è in malafede, o è un antisemita pericoloso.

Noi ci aspettavamo che le autorità e la Delegatura mostrassero non solo comprensione per la nostra causa, ma che sapessero riconoscere nello sterminio di milioni di ebrei, cittadini polacchi, il primo e più importante degli avvenimenti attuali.

Ci duole di non avere la possibilità di venire in contatto diretto con i governi alleati, con il governo polacco e con le organizzazioni ebraiche all’estero, per informarli della nostra situazione e del comportamento delle autorità e della popolazione polacca nei nostri confronti.

Cari signori! Vi preghiamo di fare i passi necessari presso le autorità militari e presso i rappresentanti del governo. Vi preghiamo di leggere loro questa lettera e di sollecitarli con fermezza a farci pervenire almeno cento bombe a mano, cinquanta rivoltelle e qualche migliaio di pallottole di vario calibro.

Sono pronto a fornire nel tempo di due giorni i piani delle nostre posizioni, corredati da piante, allo scopo di dissipare ogni dubbio sulla necessità di rifornirci di armi.

 

MALACHI

[= Mordechai Anielewicz – n.d.r.]

Comandante dell’Organizzazione Ebraica di Combattimento


[…]

 

27 aprile 1943

Da otto giorni il ghetto di Varsavia è in lotta. La tragica ed eroica battaglia del ghetto desta l’apprezzamento e l’ammirazione di tutto il popolo polacco. Però, le vive espressioni di simpatie per il ghetto in lotta non hanno trovato finora alcuna risposta concreta da parte degli esponenti militari della Resistenza polacca.

Nonostante le promesse di intervenire nella lotta e di rifornirci di armi, nessun aiuto ci è stato finora concesso. Nonostante gli appelli del comando dell’Organizzazione Ebraica di Combattimento (due telegrammi, una lettera, ecc.) il ghetto non ha finora ricevuto nemmeno il più piccolo aiuto in munizioni e in equipaggiamento militare. Vi rivolgiamo, ancora in quest’ultimo momento, in mezzo agli incendi, un appassionato appello affinché ci diate immediato aiuto, affinché ci inviate equipaggiamento e munizioni.

(A.Nirenstajn, Ricorda cosa ti ha fatto Amalek, Torino, Einaudi, 1958, pp. 177-180)

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