La riflessione di Rosa Luxemburg sulla rivoluzione russa
Al posto dei corpi rappresentativi usciti da elezioni popolari generali, Lenin e Trotsky hanno installato i soviet in qualità di unica autentica rappresentanza delle masse lavoratrici. Ma col soffocamento della vita politica in tutto il paese anche la vita dei soviet non potrà sfuggire a una paralisi sempre più estesa. Senza elezioni generali, libertà di stampa e di riunione illimitata, libera lotta d’opinione in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l’unico elemento attivo rimane la burocrazia. La vita pubblica si addormenta poco per volta, alcune dozzine di capipartito d’inesauribile energia e animati da un idealismo sconfinato dirigono e governano; tra questi la guida effettiva è poi in mano a una dozzina di teste superiori; e un’élite di operai viene di tempo in tempo convocata per battere le mani ai discorsi dei capi, votare unanimemente risoluzioni prefabbricate: in fondo dunque un predominio di cricche, una dittatura, certo; non la dittatura del proletariato, tuttavia, ma la dittatura di un pugno di politici, vale a dire dittatura nel senso borghese, nel senso del dominio giacobino (il rinvio dei congressi dei soviet da tre a sei mesi!). E poi ancora: una tale situazione è fatale che maturi un imbarbarimento della vita pubblica, attentati, fucilazione di ostaggi ecc. Ecco una legge superiore, obiettiva, alla quale alcun partito non è in grado di sfuggire. [...]
E’ compito storico del proletariato, una volta giunto al potere, creare al posto della democrazia borghese una democrazia socialista, non abolire ogni democrazia. Ma la democrazia socialista non comincia soltanto nella terra promessa, una volta costruite le infrastrutture economiche socialiste, come dono natalizio bell’e fatto per il bravo popolo, che nel frattempo ha fedelmente sostenuto un pugno di dittatori socialisti. La democrazia socialista comincia contemporaneamente alla demolizione del dominio di classe e alla costruzione del socialismo. Essa comincia al momento della conquista del potere da parte del partito socialista. Essa non è null’altro che dittatura del proletariato.
Certo, dittatura! Ma questa dittatura consiste nel sistema di applicazione della democrazia, non nella sua abolizione. In energici e decisivi interventi sui diritti acquisiti e sui rapporti economici della società borghese senza i quali la trasformazione socialista non è realizzabile. Ma questa dittatura deve essere opera della classe, e non di una piccola minoranza di dirigenti in nome della classe, vale a dire deve uscire passo passo dall’attiva partecipazione delle masse, stare sotto la loro influenza diretta, sottostare al controllo di una completa pubblicità, emergere dalla crescente istruzione politica delle masse popolari.
Sicuramente anche i bolscevichi procederebbero esattamente in questi termini, se non soffrissero della spaventosa pressione della guerra mondiale, dell’occupazione tedesca e di tutte le abnormi difficoltà connesse, che non possono non sviare qualunque politica socialista pur traboccante delle migliori intenzioni e dei più bei principi. [...] Sarebbe pretendere il sovrumano da Lenin e compagni, attendersi ancora da loro in tali circostanze che sappiano creare per incanto la più bella democrazia, la più esemplare delle dittature proletarie e una fiorente economia socialista. Col loro deciso atteggiamento rivoluzionario, la loro esemplare energia e la loro scrupolosa fedeltà al socialismo internazionale essi hanno certamente fatto quanto in situazione così diabolicamente difficile era da fare. Il pericolo comincia là dove essi fanno di necessità virtù, fissano ormai teoricamente in tutto e per tutto la loro tattica forzata da queste fatali condizioni e pretendono di raccomandarla all’imitazione del [proletariato] internazionale come il modello della tattica socialista.
Come essi si pongono così in luce da se stessi senza assoluta necessità e pongono il loro effettivo e incontestabile merito storico sotto il moggio di errori determinati dalle necessità, rendono pure un cattivo servigio al socialismo internazionale, per amore e a cagione del quale hanno lottato e sofferto, quando pretendono immagazzinarvi in qualità di nuove conoscenze tutte le storture suggerite in Russia dalla necessità e dalla forza maggiore, e che in ultima analisi furono unicamente le ripercussioni della bancarotta del socialismo internazionale in questa guerra mondiale.
(R. Luxemburg, La Rivoluzione russa. Un esame critico – La tragedia russa, Bolsena, Massari, 2004, pp. 84-87.Traduzione di L. Amodio)