Il socialfascismo

Lo scontro tra comunisti e socialdemocratici raggiunse il proprio vertice nel 1928, allorché l’Internazionale Comunista proclamò ufficialmente che, dal punto di vista dei lavoratori, non c’era alcuna differenza tra un governo fascista ed uno socialdemocratico. Nel momento in cui aveva rifiutato la prospettiva di una rivoluzione comunista simile a quella russa, per i dirigenti del Comintern la socialdemocrazia si schierava coi nemici del proletariato e poteva essere bollata con l’infamante epiteto di socialfascismo.

Adattandosi ai mutamenti della congiuntura politica, la borghesia sfrutta sia i metodi del fascismo sia i metodi di coalizione con la socialdemocrazia, senza contare che la stessa socialdemocrazia, nei momenti più critici per il capitalismo, sostiene spesso la causa fascista. Nel processo del suo sviluppo essa mostra tendenze fasciste, cosa che non le impedisce in un’altra congiuntura politica di protestare contro il governo borghese in qualità di partito di opposizione. Il metodo del fascismo e il metodo della coalizione con la socialdemocrazia, essendo metodi straordinari per il capitalismo normale ed essendo sintomi della crisi generale del capitalismo, vengono usati dalla borghesia per rallentare l’avanzata della rivoluzione.

(R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari, Laterza, 1983, p. 67)

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