Ebrei e marxisti devono essere eliminati

Nelle pagine di Mein Kampf, Hitler dà voce ad una mentalità molto diffusa nell’immediato dopoguerra. Secondo tale logica, i nemici interni dovevano essere affrontati e neutralizzati, con la stessa determinazione usata contro i soldati dello schieramento avversario, negli anni del conflitto mondiale. L’accenno al gas, nella pagina seguente, non deve essere considerato una profezia delle tecniche di sterminio effettivamente usate negli anni 1942-1944. Per il momento, si tratta solo di un riferimento all’arma più micidiale usata nella Grande guerra. Nel 1923 – quando l’esercito francese occupò il bacino della Ruhr per sollecitare da parte tedesca il pagamento dei debiti di guerra – Hitler avrebbe voluto mettere in atto il suo progetto di eliminazione violenta di ogni opposizione comunista (che a suo giudizio era responsabile del collasso verificatosi nel novembre 1918).

Nel 1919 espiammo con molto sangue il fatto di non avere, nel 1914 e nel 1915, schiacciato per sempre il capo al serpente marxista: ed ora espiamo il fatto di non avere, nella primavera del 1923, colta l'occasione di sopprimere una volta per tutte i marxisti traditori del paese e assassini del popolo. [...]

Se all'inizio e durante la guerra si fossero tenuti sotto i gas velenosi dodici o quindici migliaia di questi ebraici corruttori del popolo come dovettero restare sotto i gas, in campo, centinaia di migliaia dei migliori lavoratori tedeschi di tutti i ceti e di tutti i mestieri, non invano sarebbero periti al fronte milioni di vittime. Eliminando in tempo dodicimila furfanti, si sarebbe salvata la vita a un milione di tedeschi, preziosi per l'avvenire. Ma fu degno della "politica" borghese l'abbandonare, senza batter ciglio, milioni di creature ad una morte sanguinosa sul campo di battaglia, e considerare sacre dieci o dodici migliaia di traditori del popolo, imbroglioni, usurai e impostori, proclamandoli intangibili. Quale è maggiore, nel mondo borghese: la debolezza, la codardia, o l'abietta mentalità? In verità, è sacra al tramonto [= destinata al declino - n.d.r.] una classe che, purtroppo, trascina con sé nell'abisso un popolo intiero.

Nel 1923 la situazione era la stessa che nel 1918. A qualunque genere di resistenza ci si appigliasse, occorreva anzitutto eliminare dal corpo della nostra nazione il veleno marxista. E, a mio parere, era allora primo compito d' un governo realmente nazionale cercare e trovare forze risolute a dichiarare guerra a morte al Marxismo, e poi lasciare via libera a queste forze. [...] Certo, una resa dei conti da parte dei marxisti, avvenimento d’importanza mondiale, non può aver luogo secondo lo schema preparato da un Consiglio segreto o da una vecchia arida anima di ministro, ma secondo le eterne leggi della vita su questa Terra, che sono e restano quelle della lotta per l’esistenza. Si doveva tener presente che spesso dalle più sanguinose guerre civili esce un sano e forte corpo di nazione, mentre da una pace mantenuta artificialmente nasce la putrefazione. Non si cambiano con guanti di pelle fina i destini dei popoli. Si doveva nel 1923 agire con brutalità per impadronirsi delle vipere che si nutrivano del sangue del nostro popolo. [...]

Fu quello il tempo in cui, - lo confesso apertamente, - concepii profonda ammirazione per il grand'uomo a sud delle Alpi che, pieno di fervido amore per il suo popolo, non venne a patti col nemico interno dell' Italia ma volle annientarlo con ogni mezzo. Ciò che farà annoverare Mussolini fra i grandi di questa Terra è la decisione di non spartirsi l' Italia col marxismo, ma di salvare dal marxismo, distruggendolo, la sua patria.

(A. Hitler, La mia battaglia, Milano, Bompiani, 1939, pp. 375-378)

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