Le truppe italiane

Una guerra nazionale
Italia, 1935-1936. Cartolina umoristica disegnata da Enrico De Seta e destinata alle truppe impegnate in Africa Orientale.Nei primi mesi del 1935, Mussolini progettò la campagna di aggressione contro l’Etiopia, che sarebbe scattata in ottobre (cioè dopo la fine del periodo delle piogge, che avrebbero reso impossibile qualsiasi manovra militare). Poiché la guerra, nelle intenzioni del Duce, doveva portare prestigio all’Italia e lustro al fascismo, non ci si poteva in alcun modo permettere che l’operazione si concludesse con un fallimento. Nacque da questo timore la decisione mussoliniana di inviare contro l’Etiopia non un piccolo contingente coloniale, ma un vero esercito, di grandi dimensioni, paragonabile più alle armate che avevano combattuto in Europa, che alle forze tutto sommato ridotte impiegate fino ad allora dalle principali potenze sul continente africano.

Gli italiani inviati in Africa a conquistare l’impero furono almeno 200 000, appoggiati da un ulteriore contingente di circa 100 000 ascari eritrei. Trattandosi di una guerra del regime, però, un posto di rilievo doveva essere assegnato alla Milizia fascista, che inviò al fronte etiopico almeno 50 000 volontari. Si trattava, in genere, di fascisti convinti; molti di loro però, a posteriori, hanno ammesso di essersi arruolati per fuggire la disoccupazione. La maggior parte di questi militi fascisti, inoltre, non aveva una specifica preparazione militare, e quindi furono utilizzati soprattutto nell’imponente lavoro di costruzione di strade, indispensabile per lo spostamento dell’esercito e dei mezzi motorizzati.

Una guerra moderna, ma costosa

Per la prima volta nella storia delle guerre coloniali, un esercito europeo affrontò una campagna militare in condizioni di superiorità numerica. La vera forza dell’esercito italiano, tuttavia, consisteva nel suo armamento, decisamente moderno, se confrontato con quello delle forze etiopiche. La relazione ufficiale del ministero della guerra ricorda 609 cannoni, 56 carri armati leggeri, 235 autoblinde e 15 500 autoveicoli di vario genere.

Il costo dell’intera operazione fu imponente, in quanto materiali di ogni genere (comprese 23 000 tonnellate di legname, 30 000 tonnellate di cemento, per non parlare dei viveri, della benzina e delle munizioni: 821 milioni di cartucce per fucili e mitragliatrici e 4 milioni di proiettili per artiglieria) dovevano essere portati direttamente dall’Italia. Fra il 1935 e il 1939, per la conquista e l’occupazione dell’Etiopia, l’Italia spese circa 73 miliardi di lire.

La vera novità rispetto al passato, però, era costituita dall’aviazione, le cui azioni furono ampiamente celebrate dalla propaganda fascista. Rendendosi conto dell’importanza strategica della nuova arma, Mussolini non badò a spese: a fronte di un bilancio normale di 800 milioni annui, l’aeronautica militare poté disporre di circa 200 milioni al mese. Vennero inviati in Africa circa 450 velivoli, ormai superati ed arretrati, per i parametri europei, ma perfettamente idonei al teatro coloniale. Gli aerei vennero smontati e caricati su navi, in quanto la Gran Bretagna non permise il sorvolo dell’Egitto e del Sudan.

Di questi aerei, 13 furono abbattuti o messi fuori uso dagli etiopici, mentre 66 andarono perduti in operazioni di atterraggio o di decollo. In totale (calcolando anche il fronte somalo) l’aviazione italiana perse un centinaio di velivoli.

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