I problemi delle truppe, tra propaganda e realtà
Gli Ascari hanno intravveduto in lontananza nella luce violetta del tramonto una mandria di bovini e l’hanno catturata in pieno. Son centoventi capi di bestiame grasso, ben pasciuto dall’erbetta dello Scirè. Giusto la truppa è corto di viveri. Invece di disturbare gli aerei e consumare benzina sanzionista si organizza un grande macello all’aria aperta. - Per cucinare la carne, arrangiatevi!, dicono gli ufficiali. E i Fanti e i Legionari [= i soldati della Milizia Volontaria Fascista – n.d.r.] si arrangiano.
La campagna si empie di fuocherelli. A gruppi di quattro o di otto, ognuno col suo bravo quarto di spalla o di culatta, i soldati vanno in cerca di sassi per accomodarsi un focolare di fortuna e di legna per il fuoco. Qualche gruppo sibarita spinge la sua raffinatezza fino a confezionarsi uno spiedo. [...] Il Corpo d’Armata consuma gaiamente il suo rancio.
Manca il sale. Manca il pepe. E chi se ne frega! La carne è buona e sugosa. I Fanti e i Legionari la condiscono con il loro appetito ventennale. Da una forra è venuta fuori un po’ d’acqua. Due dita per ognuno. E contentiamoci!
(N. Labanca, Una guerra per l’impero. Memorie della campagna d’Etiopia 1935-36, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 78)