Il divieto di unione coniugale tra soggetti di razza diversa

Il decreto-legge del 19 aprile 1937 n. 880 (convertito in legge il 30 dicembre 1937), che puniva con la reclusione da 1 a 5 anni le relazioni <<d’indole coniugale>> tra cittadini italiani e donne indigene, è il primo provvedimento segregazionista preso dal regime fascista. Per certi versi, si trattò di una novità assoluta, visto che la prassi di avere una madama nera ampiamente diffuso nelle colonie italiane, e dato che la propaganda – per tutta la durata della guerra – si era spesso servita di allusioni sessuali per rendere più entusiasmante l’avventura imperiale.


Il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi o concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana, è punito con la reclusione da un anno a cinque anni.

(E. Collotti, Il fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia, Roma-Bari. Laterza, 2003, p. 37) 

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