Razzismo e ideale neoclassico

Estetica e razzismo
Discobolo in riposo, di Naucide, allievo di Policleto. Disegno presente all’interno della Storia dell'arte nell'antichità di J. J. Winckelmann (1776).Nel 1776, il tedesco J. J. Winckelmann pubblicò la sua Storia dell'arte nell'antichità e fondò il movimento artistico-culturale denominato neo-classicismo. Winckelmann esaltò la statuaria greca, per l'armonia e l'equilibrio con cui essa rappresentava la figura umana, e considerò il tipo greco come l'incarnazione della bellezza assoluta e ideale. Ma tale perfezione esteriore, agli occhi di Winckelmann, era nel contempo lo specchio della serenità e della nobiltà interiore, spirituale, dell'uomo ellenico.

Alla metà dell'Ottocento, il pensiero razzista si appropriò del neoclassicismo e giunse ad affermare che i popoli ariani (coloro che si avvicinavano più di tutti gli altri esseri umani a quel modello estetico perfetto) erano più nobili, intelligenti e capaci di grandi sentimenti di coloro che fisicamente erano (i neri, ad esempio) o si credeva che fossero (gli ebrei, ad esempio) molto lontani dal modello di riferimento. Nello stesso tempo, i popoli considerati razzialmente inferiori vennero accusati di avere abitudini immorali e comportamenti perversi, cioè di non avere amore per il lavoro e di non saper dominare per nulla i propri istinti.

In tutt'Europa, in Inghilterra come in Germania, nel corso dell’Ottocento, l'educazione fisica acquistò rinnovato prestigio, sia nelle scuole che fuori di esse. I ragazzi erano esortati a plasmare il proprio corpo: a mantenerlo vigoroso e virile, il più possibile simile a quello degli atleti ellenici. Chiunque vedesse l'individuo dall'esterno doveva immediatamente percepire la sua perfezione interiore, la sua sanità morale e la sua intelligenza: in una parola, il corpo perfetto doveva manifestare la superiorità razziale dell’uomo bianco, erede dei greci.

Ebrei e Germani

Nel 1792-1793, affascinato dal modello estetico classico, l'anatomista olandese Peter Camper propose il concetto di angolo facciale , ricavabile dal calcolo dell'angolo risultante dall'incrocio di due linee che, rispettivamente, andavano una dal labbro superiore fino alla fronte, l'altra dal labbro all'orecchio. Secondo Camper, l'angolo dell'uomo greco (perfetto) era 100°, quello dell'europeo medio 97°; l'angolo facciale del nero, invece, non superava i 70°, e ciò era un evidente sintomo, per Camper, della sua somiglianza con la scimmia. A conclusioni simili arrivò, verso il 1845, anche Andreas Retzius, che coniò il concetto di indice cefalico : poiché le teste lunghe e strette (dolicocefale) erano assai più belle e armoniche di quelle larghe (brachicefale), non vi era dubbio alcuno, secondo Retzius, che gli uomini bianchi europei erano dotati di <<migliori facoltà dell'anima>> rispetto ai neri.

Nell’Ottocento, in Germania, il contrasto più frequentemente istituito non fu più quello tra bianchi e neri, bensì tra germani ed ebrei. Nel circolo di Wagner, la figura più nota che percorse questa strada fu H.S. Chamberlain (genero del compositore), che incentrò interamente il suo voluminoso I fondamenti del XIX secolo (1899) sulla contrapposizione frontale tra il Germano e l'Ebreo, concepiti come una fonte inesauribile di civiltà, il primo, e come una potenza demoniaca e distruttiva, il secondo. A livello più popolare, agì invece Theodor Fritsch,  nei cui testi gli ebrei sono ridotti al rango di insetti nocivi e trasformati nell’incarnazione del male: la scelta di schiacciarli diventa l’unica azione veramente degna di tutti coloro che hanno a cuore il futuro del genere umano (da cui invece, ovviamente, gli ebrei vengono esclusi).

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