Memorandum di Lloyd George a Clemenceau

Anche il primo ministro inglese David Lloyd George (il 26 marzo 1919) espresse a Clemenceau, primo ministro francese, le proprie perplessità relativamente a condizioni di pace troppo dure. Una pace punitiva avrebbe alimentato nei tedeschi una rabbiosa volontà di rivincita, tanto più forte e tenace in quei soggetti che fossero stati obbligati a vivere come minoranza nei piccoli stati nati dalla disgregazione dell’Austria-Ungheria e dell’impero zarista.

Voi potete spogliare la Germania delle sue colonie, ridurre il suo armamento ad una semplice forza di polizia e la sua flotta a quella di una potenza di quinto ordine; ciò nonostante da ultimo, se essa sente d’esser stata ingiustamente trattata nella pace del 1919, troverà i mezzi di ottenere una vendetta sui suoi vincitori. L’impressione, la profonda impressione, fatta sul cuore umano da quattro anni di strage senza eguali sparirà coi cuori sui quali è stata impressa dalla terribile spada della grande guerra. Il mantenimento della pace dipenderà allora dal non esservi cause di esasperazione costantemente eccitanti lo spirito di patriottismo, di giustizia o di gioco aperto. Per portarvi un rimedio le nostre condizioni possono essere severe, possono essere rigide ed anche implacabili, nel tempo stesso esse possono essere così giuste che il paese al quale esse sono imposte sentirà in cuor suo ch’esso non ha diritto di lamentarsi. Ma l’ingiustizia, la prepotenza, mostrate nell’ora del trionfo, non saranno mai dimenticate o perdonate.

Per queste ragioni io sono, adunque, fortemente contrario a passare più Tedeschi dalla dominazione germanica a quella di altra nazionedi quanto possa esser possibilmente evitato. Non posso immaginare nessuna maggior causa di guerra futura di quella che il popolo tedesco, che ha indubbiamente mostrato d’essere una delle razze più forti e potenti del mondo, venga circondato da un numero di piccoli Stati, molti dei quali composti di popoli che non hanno mai precedentemente avuto un governo stabile per sé, ma ognuno dei quali contenesse grandi quantità di Tedeschi richiedenti l’unione colla madre patria. La proposta della Commissione per le questioni polacche che si debbano porre 2 milioni e 100 mila Tedeschi sotto il controllo di un popolo che è di diversa religione e che non ha mai dimostrato la capacità di un governo proprio stabile nel corso della sua storia deve, a mio parere, condurre presto tardi ad una nuova guerra nell’Est dell’Europa. Ciò che io ho detto dei Tedeschi è ugualmente vero per i Magiari [= gli ungheresi – n.d.r.]. Non vi sarà mai pace nell’Europa Sud-Orientale se ogni piccolo Stato che ora sta per sorgere avrà una grande quantità di irredentisti magiari nelle proprie frontiere.

Io quindi prenderei come principio direttivo della pace che per quanto è umanamente possibile le diverse razze vengano attribuite alle proprie madrepatrie, e che questo criterio umano debba avere la precedenza su considerazioni strategiche o economiche o di comunicazioni, che possono abitualmente venir risolte con altri mezzi. In secondo luogo, io direi che la durata dei pagamenti delle riparazioni dovrebbe terminare possibilmente colla generazione che ha fatto la guerra. [...] Io pertanto metterei in testa alle condizioni di pace che dal momento ch’essa accetta le nostre condizioni, specialmente le riparazioni, noi le renderemo accessibili le materie prime ed i mercati del mondo a condizioni d’eguaglianza con noi, e faremo tutto il possibile per rendere il popolo tedesco in grado di rimettersi sulle proprie gambe. Noi non possiamo contemporaneamente paralizzarla e aspettarci che paghi.

(A.Gibelli, La prima guerra mondiale, Torino, Loescher, 1987, pp. 226-228)

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