Il complotto ebraico

Antisemitismo cattolico
Germania, anni Venti. Cartolina postale che attribuisce la rivoluzione del 9 novembre 1918 (e quindi la sconfitta della Germania, nella prima guerra mondiale) agli ebrei.Durante la prima guerra mondiale, morirono 2,5 milioni di tedeschi, mentre altri 4 milioni rimasero feriti. Tra i soldati caduti, 12 000 circa erano cittadini di religione ebraica. Malgrado questo elevato tributo, già nel corso del conflitto gli ebrei tedeschi vennero accusati di scarso patriottismo, di essere degli imboscati e dei profittatori. L’11 ottobre 1916, subendo la pressione di varie associazioni antisemite, il Comando Supremo accettò di svolgere un’inchiesta tra i soldati al fronte, per verificare se la percentuale degli ebrei in prima linea era pari (o inferiore) a quella degli altri gruppi religiosi tedeschi. Dopo la resa, gli ebrei furono accusati di essere i veri responsabili della disfatta. Con il loro denaro – si affermava – essi avevano finanziato gli eserciti dei nemici del Reich: e dunque, a guerra finita, si disse che erano loro i padroni della nuova Germania umiliata e sconfitta.

Una simile concezione presupponeva che gli ebrei avessero un potere enorme, che fossero tutti uniti e ben organizzati, che avessero ordito un grande piano per conquistare il potere mondiale. Tale concezione era stata condivisa e divulgata, alla fine dell’Ottocento, da moltissimi e disparati soggetti, tra cui la Chiesa Cattolica.

Negli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento, la rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica dedicò alla questione ebraica una lunga serie di articoli. In essi, oltre a rilanciare il tema dell’omicidio rituale, si sosteneva che gli ebrei erano potenti e pericolosi cospiratori che miravano al potere mondiale. Secondo i gesuiti (che tuttavia sottoponevano qualsiasi articolo all’approvazione della Santa Sede), solo l’introduzione di leggi speciali, che privassero gli ebrei dell’eguaglianza civile, avrebbe salvato la cristianità dal cadere sotto il giogo degli ebrei.

Gli ebrei tedeschi

Il complotto giudaico è una pura e semplice fantasia, che ignora le divisioni esistenti tra i vari gruppi e le varie tendenze esistenti all’interno del popolo ebraico. Soprattutto, questo mito attribuisce agli ebrei una potenza diabolica che essi non hanno assolutamente mai posseduto. Inoltre, nel caso tedesco, l’accusa di complotto sottovaluta lo straordinario attaccamento di moltissimi ebrei tedeschi alla Germania, considerata da essi come unica e vera patria.

All’inizio del XX secolo, gli ebrei tedeschi erano decisamente pochi. Nel 1910, ne vennero censiti 615 021, su una popolazione totale di 64 925 993 abitanti del Reich. La percentuale dei cittadini ebrei, dunque, era vicina all’1% della popolazione globale. Inoltre, va precisato che gli ebrei erano distribuiti in modo molto diseguale, sul territorio tedesco, dato che la maggioranza degli israeliti risiedeva nelle grandi città. La sola Berlino, ad esempio, nel 1910 ospitava ben 144 043 ebrei: una quota pari al 21,65% dell’intera popolazione ebraica tedesca.

Sul piano economico, va ricordato che la presenza di imprenditori ebrei era molto importante in alcuni settori di punta come le banche, l’industria elettrica e l’editoria, mentre era scarsa o nulla in agricoltura e nell’industria pesante (estrazione del carbone e produzione di acciaio). Rispetto alle altre componenti della popolazione tedesca, fra gli ebrei il livello medio d’istruzione era decisamente più elevato, il che spiega l’alto numero di medici e avvocati israeliti presenti nelle grandi città: a Francoforte sul Meno, nel 1913, su un totale di 405 medici, 147 erano ebrei (36,2%); su un totale di 218 avvocati, 133 erano ebrei (61,0%).

Approfondimenti

Azioni sul documento