L'ebreo, capo del movimento marxista

Nel Mein Kampf, Hitler insiste sul fatto che gli ebrei sono a guida del movimento marxista internazionale. Hitler accusava la borghesia di non essersi presa cura dei più elementari bisogni della classe lavoratrice. In tal modo, essa aveva permesso ai marxisti di infiltrarsi all’interno del popolo tedesco e di guidarne una parte alla rivolta antinazionale. Tutto questo però, alla fine, avrebbe solo fatto il gioco degli ebrei, veri registi della rivoluzione e dominatori del mondo dopo il suo trionfo.

L’influenza ebraica si espande dalla Borsa per tutto il circolo economico, in modo spaventosamente rapido. Egli diventa un proprietario, o almeno il controllore della forza produttiva della Nazione. Per rafforzare sempre più la sua posizione politica, tenta di abbattere le frontiere razziali, che ancora non gli danno agio di movimento. Egli combatte a questo scopo, con tutta la sua risolutezza, per la tolleranza religiosa – e trova nella massoneria un magnifico strumento per realizzare i suoi scopi. Anche gli ambienti dei governanti, come delle classi dirigenti della borghesia politica ed economica, cadono così, attraverso la massoneria, nella sua trappola, senza neanche che se ne possano accorgere.

Solo il popolo, o piuttosto la classe che era in procinto di combattere per i suoi diritti e la sua libertà, non gli riusciva ancora di impadronirsene appieno. Ma proprio questo era adesso più necessario del resto; perché l’ebreo sente la possibilità della sua avanzata è data soltanto se egli trovi davanti a sé una truppa di assalto che gli faccia strada; e questa gli pare di trovarla nella bassa borghesia, nelle sue zone più vaste. Ma i calzolai e i tessitori, non gli riesce di coglierli con la rete troppo fine della massoneria; ci vogliono reti più grossolane, e mezzi più acconci. Così si aggiunge alla massoneria una nuova arma al servizio del giudaismo: la stampa. Egli si pone con grande ostinazione e abilità in possesso di essa. Per essa, gli riesce di attanagliare tutta la vita pubblica; la guida, la sospinge, dacché è in grado, adesso, di creare e di dirigere quel potere che si suol chiamare opinione pubblica. [...]

Lo spettacoloso sviluppo economico conduce a una metamorfosi della struttura sociale del popolo. In quanto il piccolo artigianato si esaurisce lentamente e cessa con ciò la possibilità per gli operai di conquistare una esistenza indipendente, il popolo si proletarizza. Nasce così l’operaio di fabbrica, la cui caratteristica principale sta nel fatto che non sarà mai in situazione di potersi creare, neanche per la vecchiaia, una vita indipendente. Egli è nel vero senso della parola, il povero; i suoi vecchi giorni sono miseria e tormento, né si possono più chiamare vita. [...]

Mentre la borghesia non pareva preoccuparsi questo problema così essenziale, e lasciava correre le cose per la loro china, l’ebreo capì le enormi possibilità che vi erano dentro, pel suo avvenire; e pur continuando ad organizzare, da una parte, i metodi capitalisti dello sfruttamento umano fino alle sue ultime conseguenze, egli si avvicinò dall’altra parte alle vittime del suo modo di agire, e divenne in breve tempo  il condottiero della lotta contro sé stesso. Questo contro sé stesso bisogna  considerarlo naturalmente come un tropo; perché quel gran maestro di menzogne sa sempre farsi passare per puro, e carica la colpa sugli altri. E siccome mette in mostra l’impudenza di guidare egli stesso le masse, queste non giungeranno mai a sospettare che son vittima della più colossale truffa di tutti i tempi.

Ma è proprio così.

Non appena quella nuova categoria comincia a sollevarsi dalla sua infame situazione economica, l’ebreo vi vide l’avanguardia di un suo ulteriore progresso. Se egli si era servito della borghesia come di un ariete per abbattere il mondo feudale; ora si serve dell’operaio contro i borghesi. E come aveva saputo guadagnarsi all’ombra della borghesia i diritti civici, così spera ora, nella lotta degli operai per la loro esistenza, di trovare la strada per il proprio dominio.

D’ora in poi l’operaio non ha più che il compito di combattere per l’avvenire del popolo ebreo. Così vien posto, inconsciamente, al servizio della potenza che egli crede di combattere. Lo si illude di attaccare il capitale, gli si addita il capitale internazionale come l’ostacolo da abbattere; ma in realtà si vuol dire l’economia nazionale. E’ questa che va demolita, perché al suo posto trionfi, sul cimitero, la borsa internazionale.

Il modo di procedere degli ebrei, in questo caso, è il seguente:

Egli si avvicina agli operai, finge una grande compassione per il loro destino, o magari indignazione per la loro miseria, per guadagnarsi così la loro fiducia. Egli si sforza di studiare le reali o immaginarie magagne della loro vita – e di svegliare così una nostalgia per un cambiamento. Quella esigenza che sonnecchia in ogni uomo ariano per una giustizia sociale, egli riesce a stimolarla, ad aumentarla, fino a gonfiarla in odio contro coloro che furono favoriti dalla fortuna; e dà così alla lotta per l’eliminazione degli inconvenienti sociali un’impronta specialissima. E fonda la dottrina marxista.

In quanto gli è riuscito di farvi combaciare tutta una serie di pretese sociali giustificatissime, egli ne ottiene la sua diffusione; come anche la ripulsa della gente per bene, che si rifiutano di perseguire delle rivendicazioni le quali, presentate in quella forma e in tale compagnia appaiono già dall’inizio ingiustificate e impossibili da realizzare. Sotto il mantello di pensieri meramente sociali, si nascondono difatti scopi diabolici; anzi, questi vengono oggi proclamati con la più insolente chiarezza. Questa dottrina presenta una miscela complicatissima di cose ragionevoli e di cose assurde. Con la negazione categorica della personalità, e quindi della Nazione con la sua sostanza razziale, essa distrugge i fondamenti elementari della cultura umana, che dipendono proprio da tali fattori. Ma precisamente in questo sta il germe profondo della visione del mondo marxista, se si può chiamare questo aborto di un cervello criminale, una visione del mondo. Con la distruzione della personalità e della razza cade difatti l’essenziale barriera che si oppone alla signoria di una genia inferiore – cioè degli ebrei.

Il senso di questa dottrina inerisce [= consiste – n.d.r.] proprio nella sua follia economica e politica. E’ per questo che i galantuomini e le persone veramente intelligenti non possono mettersi ai suoi servizi, mentre vi accorrono a bandiere spiegate tutti i mediocri o ignoranti o spostati. A fornire i condottieri di quel movimento – perché anche un tale movimento ha bisogno di una intelligenza per progredire – si sacrifica naturalmente l’ebreo.

A questo modo è nato il movimento di operai sotto la guida di ebrei, che apparentemente si propone di migliorare la condizione degli operai, ma in realtà si accinge a renderli schiavi e a distruggere così tutti i popoli non semiti. 

(A. Hitler, La mia vita , Milano, Bompiani,  1939, pp. 341-343 e 345-348. Traduzione di B. Revel)

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