Le origini coloniali dei lager

Reprimere la guerriglia
Isole Filippine, 1898. Soldati statunitensi impegnati in azione, contro i guerriglieri.Alla fine dell’Ottocento, i campi di concentramento vennero utilizzati in vari contesti coloniali, come strumento di repressione militare, per schiacciare rivolte che i generali non riuscivano a domare con mezzi ordinari. Ciò accadde in tutte quelle circostanze in cui i ribelli evitavano di affrontare in campo aperto l’esercito della potenza occupante. Al contrario, facevano uso della tattica della guerriglia, sicuri del sostegno e della protezione della popolazione civile. La prima finalità per cui nacquero i campi fu di internare tutti coloro che erano sospettati di offrire aiuto e assistenza ai partigiani.
Cuba, Filippine, Sud Africa

Pare che l’idea di rinchiudere grandi masse di soggetti potenzialmente ostili sia venuta al generale spagnolo Valeriano Weyler y Nicolau, impegnato nel 1896 a reprimere la rivolta di Cuba. L’opinione pubblica inglese e americana (ostile alla Spagna) non esitò a definire Weyler "un macellaio". Tuttavia, gli americani utilizzarono a loro volta i campi nelle Filippine (nel 1898), mentre gli inglesi li utilizzarono su scala ancora maggiore in Sudafrica, contro i boeri, quando il conflitto si trasformò in una guerra contro una vera e propria nazione in armi.
L’idea di costruire dei campi in cui internare le famiglie dei guerriglieri boeri maturò nell’estate del 1900; in settembre, furono realizzati i primi laagers, come vennero chiamati dai boeri, in lingua olandese. Nell’estate del 1901, erano rinchiusi nei concentration camps 109.418 bianchi, mentre altri 38 campi erano stati istituiti per africani sospettati di collaborare coi boeri. Secondo le stime più recenti, il sistema provocò tra i boeri 27.900 morti, di cui 26.250 tra donne e bambini.

Namibia

Nella Namibia tedesca (regione dell’Africa sud-occidentale), il lager si associò per la prima volta al genocidio, o per lo meno allo sterminio di massa. L’11 agosto 1904, dopo aver attaccato gli herero (una popolazione indigena che si era ribellata ai tedeschi) il generale Lothar von Trotha inseguì i nemici nel deserto, dove moltissimi africani morirono di sete.

A Berlino, la spietata politica di von Trotha venne sconfessata dal governo, sicché agli herero che si arrendevano senz’armi venne concessa un’amnistia. Il dramma degli herero, però, era lontano dall’essersi concluso. A migliaia, furono rinchiusi in grandi campi (chiamati lager: parola che faceva infine il suo ingresso ufficiale nella storia) in cui, per tutto il 1905, molti di essi patirono la fame a causa di una colpevole negligenza, che anticipò e prefigurò l’atteggiamento che sarebbe poi stato assunto nel 1941 nei confronti dei prigionieri sovietici catturati dalla Wehrmacht.

Oltre tutto, in questi lager tedeschi gli internati vennero obbligati a lavorare: per la prima volta, l’internamento nei campi era associato al lavoro forzato e alla denutrizione. L’esercito tedesco stesso ammise una mortalità di circa il 45% degli herero internati (a fronte del 25% circa, verificato nei campi sudafricani).

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