1.Il metodo biografico: da metodo e opportunità pedagogica a strumento e orizzonte di ricerca storico-memoriale

La biografia come progetto formativo

Si tratta di un progetto di formazione e di ricerca-azione storica e didattica finalizzato a realizzare proposte innovative in campo storico-memoriale, scolastico ed educativo, utilizzando la scrittura autobiografica- messa a punto dall’équipe del prof. Duccio Demetrio della LUA ( Libera Università Anghiari) - ed altre tecniche per raccogliere, sedimentare, conservare e poi rielaborare, in un contesto di ricerca e di documentazione/archiviazione le testimonianze di protagonisti e soggetti di generazioni diverse, appartenenti a comunità di particolare interesse storico, memoriale e socio-culturale. Il nostro intento è dunque quello di coniugare la tecnica di scrittura autobiografica, le cui competenze sono degli esperti della LUA,  e tecniche diverse di raccolta di biografie con la ricerca storico-memoriale su luoghi di rilevanza storica e  comunità  di particolare interesse culturale o  socio-politico.

In genere, noi usiamo il termine ‘autobiografia’ quando ci riferiamo ad un racconto orale, ad un racconto personale o di carattere comune, collettivo. Ma, nell’ambito del Metodo Biografico, la parola ‘autobiografia’ va collegata in modo proficuo e fecondo  al termine e alla sua etimologia.

Nello specifico, possiamo parlare di autobiografia se scriviamo di noi, degli altri, della nostra storia, della nostra vita. La parola greca contiene questo aspetto cruciale che non solo ci consente di trasferire i ricordi del nostro parlato o della nostra mente sulla carta e di conservarli, di proteggerli; ma la scrittura autobiografica e la scrittura in generale possiedono una particolarità che oggi sempre più viene studiata e che consiste nel dar vita ad una modalità di pensiero, accanto alle altre di cui ci serviamo.

Il pensiero autobiografico risveglia immagini, emozioni e ricordi, ma ci spinge anche ad interrogarci e a  porci domande ed è adatto innanzitutto laddove “lo riconduciamo all’introspezione, a quei processi di auto-indagine,  di auto-esplorazione intorno al nostroessere come donne, uomini, ragazzi. L’autobiografia è stata definita, rispetto ad altre tipologie narrative, una “scrittura della realtà”, un tentativo di riscoprire verità celate sotto le apparenze”( Duccio Demetrio- L’Atelier Autobiografico- Atti-Convegno Erikson 2009).

Secondariamente, la scrittura autobiografica appartiene alla storia della cultura umana perché la scrittura svolge sempre anche compiti di natura sociale e di trasmissione memoriale. Ciò accade anche quando è prodotta da singole persone che attraverso la scrittura possono esprimersi anche quando la voce, la parola vengono negate o nascoste.

“ Scriviamo per essere capiti, per svelare, per lasciare in eredità qualcosa che a voce non sapevamo, potevamo, volevamo dire. Scriviamo perché questo gesto, che può diventare quotidiano, ci fa sentire liberi, ci dà gioia, un senso più pieno della vita…far comprendere quali siano le sue intrinseche virtù, è un impegno oltre che educativo, senz’altro civile. E’ una proposta culturale in controtendenza, rispetto ad ogni pressione sociale tendente a svilire le memorie individuali e collettive. Quando si voglia farci credere che la vita va capita e vissuta nell’apoteosi dell’attimo presente”( Duccio Demetrio, cit.-Atti del Convegno Erikson 2009)

La ricerca di un metodo

La proposta di formazione e di ricerca-azione qui declinata è allora quella di assumere questa tecnica di scrittura di carattere autobiografico ed altre tecniche di raccolta, documentazione, archiviazione di biografie  perché esse aiutano le persone a trovare un metodo, per sé o per gli altri, capace di porli nella condizione di raccontarsi in prima persona e condividere questi racconti individuali, che poi diventano collettivi e quindi racconti di una comunità.

La specificità della ricerca storico-memoriale è che proprio le storie individuali ( tutte le storie individuali) sono partecipi  di una storia collettiva che mette in luce gli aspetti meno indagati e trascurati dalla ricerca storica: quelli che hanno a che fare con i sentimenti, le emozioni, le spinte ideali, i sogni, i progetti che accompagnano e spesso determinano il corso di un’esistenza e quasi sempre restano senza voce o si sedimentano in memorie familiari o collettive.

Questa strumentazione esige l’attenzione e la cura per alcune procedure di carattere metodologico perché i risultati non siano affidati alla spontaneità o alla estemporaneità ed esige altresì grande rigore nella formazione e nell’ applicazione delle tecniche perché privilegia tutte le situazioni di lavoro nelle quali sia possibile trattenere le memorie non solo come documentazione, ma soprattutto come archiviazione, cioè affinché possano dar luogo alla loro condivisione e alla loro sedimentazione rielaborativa. Vale a dire una conservazione dinamica per testare/dimostrare ipotesi interpretative e valutarne la portata e gli effetti nella trasmissione generazionale di eventi traumatici o violenti o anche di pratiche  simbolico-culturali.

E’ importante, inoltre, che le storie narrate diventino testo, scritto o altrimenti documentato,  e che dunque vengano conservate e pubblicate, quale Archivio della Memoria Collettiva, perché possano essere, a loro volta, strumento di riconoscimento e di adesione alla comunità, oppure si prestino ad essere utilizzate in contesti diversi.

Infine, poiché anche i luoghi raccontano, a voce alta o sottovoce, la loro storia e lo fanno attraverso i loro segni e gli elementi geofisici è importante che la loro interpretazione diventi materia di indagine e di ricerca-azione per una ricostruzione che riesca a collegare gli elementi sociali, i fenomeni storici, i segni naturali e i processi culturali di quel luogo. Questa ricostruzione può trovare, in tutto o in parte, corrispondenza e logico complemento oppure antagonistica confutazione nell’ interpretazione delle scritture autobiografiche o di altra documentazione biografica- raccolta ad esempio con interviste o analisi guidata di fotografie- dei protagonisti di quegli eventi, di cui il luogo è stato teatro e che, attraverso le generazioni che si sono succedute nel luogo stesso, si sono strutturati in qualcosa che assomiglia ad una narrazione collettiva in grado,a sua volta, di produrre memoria, generare altre narrazioni e condizionarne la rielaborazione memoriale  anche a distanza di molto tempo.

Avvertenze sui rischi e le opportunità della scrittura biografica

In pratica, poiché il Metodo Biografico pone al centro la narrazione di sé come processo di auto-produzione di senso che ordina le proprie esperienze attraverso un’attribuzione di significati - un percorso di apprendimento sia per chi produce la biografia (con interviste, analisi di fotografie, visite guidate a luoghi significativi) sia per chi la raccoglie e la rielabora- è necessario padroneggiare con rigore metodologico la somministrazione degli stimoli, per favorire la produzione di scrittura autobiografica e di altre forme di restituzione di biografia e, contestualmente, anche le tecniche di rielaborazione e interpretazione, per riuscire a diffondere qualcosa che già appartiene ai soggetti coinvolti nella metodologia biografica.

Un approccio molto interessante è quello della scrittura autobiografica, perché ogni scritto autobiografico non potrà che essere una sintesi (a più soggettiva e parziale) di quanto è capitato nel corso degli anni. Ogni scrittura parziale, anche la più spontanea e modesta, è un indizio che ci segnala qualcosa del contesto che non sempre riusciamo vedere spontaneamente. Al contempo, l’autore o l’autrice avranno percorso una esplorazione dentro di sé che assai difficilmente li lascerà uguali a prima. Tanto più quando non vorranno tenere per sé soltanto quanto raccontato.

Tuttavia se la scrittura autobiografica non riceve sufficienti stimoli, se non viene offerta anche come occasione di riflessione su se stessi o di restituzione degli eventi vissuti, se è priva, per la grandi potenzialità che racchiude, di una prospettiva storica che viene perseguita e ri-definita come orizzonte di senso entro cui collocare l’attenzione e la cura per gli aspetti  tecnici e procedurali dell’ interpretazione di queste “memorie scritte”, allora il rischio è che questa tecnica si trasformi in una sorta di divagazione, o peggio di estemporanea restituzione di un vissuto senza una finalità più ampia. Invece, proprio perché sia la proposta metodologica del prof. Demetrio sia le altre tecniche di raccolta di biografie possiedono una precisa ambizione (quella cioè non solo di stimolare ricordi per poi condividerli; ma anche quella di salvaguardarne la memoria), la loro applicazione e il loro utilizzo nel campo storico-memoriale possono portare a risultati straordinari perché permettono di raccogliere materiale autobiografico, scritto o diversamente documentato, e di creare un vero e proprio Archivio di MemoriaCollettiva.

Questo materiale può diventare così  un terreno fertile di ricerche e interpretazioni sui protagonisti degli eventi e dei luoghi che vogliamo indagare, e di cui vogliamo osservare anche le modalità di trasmissione, cioè quanto, come e cosa viene veicolato nella narrazione di quegli eventi alle generazioni successive. In altri termini, queste tecniche somministrate a determinati protagonisti di eventi, in un dato luogo, teatro di quegli eventi, all’interno di una ricerca-azione storico-memoriale, possono permettere di ri-costruire e re-stituire la Biografia di unaComunitàcome complesso di significati e rielaborazioni che sono state prodotti dagli individui che lì hanno vissuto ed abitato e che il luogo stesso ha contribuito a sedimentare, consentendo, a chi indaga e rielabora di osservare, anche a distanza di tempo dagli eventi stessi, le azioni di trasmissione alle generazioni successive, di alterazione, di deformazione, di oblio, le eventuali omissioni o l’attribuzione di significati aggiuntivi, l’esplicito e l’implicito che, insieme alle zone d’ombra, definiscono la trama complessa e in chiaroscuro della memoria collettiva di quella comunità. La fonte storica, in questo caso, è la soggettività dell’individuo che ricorda ed affida questo ricordo alla scrittura o ad altri documenti biografici (interviste, analisi di fotografie, esplorazione guidata di luoghi ecc); ma insieme è anche la soggettività di colui/colei che raccoglie e rielabora questo materiale biografico. E’ la soggettività di entrambi che crea il ponte fra racconto individuale e narrazione di comunità,  istituisce un collante fra ricordo personale e memorie collettive, produce un legame di senso e riconoscibilità fra eventi, fatti e protagonisti rievocati  e il contesto storico culturale cui gli stessi appartengono.

Le interpretazioni infatti non mireranno tanto a ritrovare il senso (nascosto ma fondamentale) di un testo biografico, variamente raccolto, documentato e archiviato, agito e condiviso, quanto a illuminarlo con conoscenze legate al contesto storico-sociale- culturale nel quale testo e autore (azione/attore) risultano inseriti.

Le interpretazioni  si presenteranno e si struttureranno, pertanto, come sapere storico e potranno legittimamente supportare, cioè dimostrare ed avallare un’ipotesi interpretativa; oppure, al contrario, ridimensionare e circoscrivere la portata degli eventi e guideranno la ricerca-azione sulla capacità e la forza di rielaborazione memoriale che quella comunità ha saputo esprimere, sedimentando in gesti rituali simbolici il significato di quegli eventi, trasmettendoli in narrazioni pubbliche o private che possano funzionare  anche da risarcimento morale-umano; oppure veicolando alle generazioni successive, anche con il silenzio e il non detto, il trauma della violenza, il senso irrecuperabile della perdita, il dolore dell’indicibile e dell’insopportabile.

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