"Nessun rimborso per compartecipazione assistenza"

12.06.2015

Sono da considerare legittime le richieste, da parte del Comune di Bologna, di contribuzioni economiche ai congiunti di anziani colpiti da patologie invalidanti e non autosufficienti, legate a prestazioni socio-saniterie erogate presso le strutture di ricovero. Ciò, non solo perché la norma che deroga alla valutazione della situazione economica dell’intero nucleo è priva di immediata efficacia fino al 2014, dunque non risulta applicabile al caso di specie, ma anche perché secondo la Corte costituzionale “la previsione di una compartecipazione ai costi delle prestazioni di tipo residenziale, da parte dei familiari, può costituire un incentivo indiretto volto a favorire la permanenza dell’anziano presso il nucleo familiare ed è, comunque, espressiva di un dovere di solidarietà che, prima ancora che sulla collettività, grava anzitutto sui prossimi congiunti”.

Lo sostiene il Difensore civico regionale, Gianluca Gardini, chiamato dalla Fondazione Promozione sociale, onlus con sede a Torino che si occupa tutela dei diritti delle persone non in grado di difendersi da sole, a pronunciarsi sul caso di una signora di Bologna a cui il proprio quartiere, nella fattispecie il Quartiere Savena, aveva rifiutato una richiesta di rimborso per le contribuzioni versate fino al dicembre 2014 per la madre, accolta in una struttura socio-sanitaria di ricovero.

Secondo l’Associazione sarebbe evidente, in base alla norma costituzionale che sancisce la competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti economici fra gli enti pubblici ed i cittadini, che la Regione Emilia-Romagna “non poteva imporre alcun onere economico ai familiari delle persone che ricevono prestazioni sanitarie o socio-sanitarie”. Per la Fondazione Promozione sociale, nel caso di specie, sia Regione che Comune fino al dicembre 2014 avrebbero dovuto applicare le disposizioni di un decreto legislativo del 1998 che espressamente impedisce di richiedere oneri ai componenti del nucleo familiare di cui è parte l'anziano che fruisce della prestazione sociale agevolata.

Una tesi che non è però stata accolta dal Difensore civico, che nel suo parere ha sancito “non fondata la domanda di rimborso”. Gardini spiega infatti che “ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, la determinazione e l’applicazione dell’indicatore Isee costituisce livello essenziale delle prestazioni”, a cui tutti gli enti territoriali devono attenersi. Non a caso, aggiunge il Difensore civico, la legislazione del 1998 citata dall’associazione “prevedeva correttivi in caso di anziani non autosufficienti e soggetti con handicap, ma manteneva ferma la valutazione del nucleo familiare di appartenenza del richiedente”.
Del resto, conclude il parere di Gardini, non solo la Corte costituzionale, ma anche il Consiglio di stato stabilisce che “l’estensione al nucleo familiare della valutazione della situazione reddituale dell’assistito è finalizzata esclusivamente a definire la situazione economica in relazione a tutte le risorse alle quali egli può potenzialmente attingere”.
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