Dialogo sociale con l’impresa e i lavoratori: un nuovo inizio per l’UE?

15.06.2015

Dialogo sociale con l’impresa e i lavoratori: un nuovo inizio per l’UE?

Negli ultimi anni, l'aggravarsi del contesto socioeconomico ha reso più difficile il dialogo sociale.
Da quando è iniziata la crisi economica e finanziaria abbiamo assistito in molti paesi europei ad una diminuzione della copertura della contrattazione collettiva e all'intervento statale nella politica salariale.

In tale contesto e alla luce del fatto che gli Stati membri in cui il partenariato sociale è più forte sono stati anche quelli che hanno superato più facilmente la crisi, Il presidente della Commissione europea Juncker, nel suo intervento davanti al Parlamento europeo Del luglio 2014, si è impegnato a dare un nuovo slancio al dialogo sociale. Nel novembre 2014 la nuova Commissione ha proceduto quindi al rilancio e al rafforzamento del dialogo con le parti sociali, in particolare nella nuova struttura di governance economica, come condizione preliminare per il funzionamento dell'economia sociale di mercato europea.

I temi del dialogo sociale- Il tema di fondo che l’Ue si sta ponendo è l’adattamento del dialogo sociale ai cambiamenti in materia di occupazione e di lavoro e le sfide connesse, quali la modernizzazione del mercato del lavoro, la qualità del lavoro, l'anticipazione, la preparazione e la gestione del cambiamento e della ristrutturazione, l'economia verde, la flexicurity, le competenze, la mobilità e la migrazione, l'occupazione giovanile, la salute e la sicurezza sul lavoro, la conciliazione tra lavoro e vita familiare, la parità di genere, l'azione in materia di lotta alla discriminazione sul luogo di lavoro, l'invecchiamento attivo e sano e l'allungamento della vita lavorativa, l'inclusione attiva e il lavoro dignitoso….

Quando si inizia a parlare di dialogo sociale- Avviato nel 1985, su iniziativa dell'allora presidente della Commissione, Jacques Delors, il dialogo sociale ha avviato un percorso che ha prodotto sedi di confronto riconosciute, analisi congiunte utili alla costruzione della legislazione europea, ma anche veri e propri accordi a livello europeo volti ad ottenere risultati per il miglioramento delle condizioni e dei diritti dei lavoratori.
Nonostante con la riforma di Amsterdam il dialogo sociale abbia acquisito il pieno riconoscimento nei trattati e che con la ratifica del Trattato di Lisbona sia normato con gli articoli dal 151 al 156 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), tale percorso virtuoso si è comunque interrotto sotto la presidenza di José Manuel Barroso.
L’indebolimento delle funzioni di rappresentanza delle parti sociali che a livello europeo, ma anche in tanti stati membri si è prodotto, ha allargato la forbice fra le istituzioni europee e i corpi intermedi che rappresentano il mondo del lavoro, e quindi in ultima istanza i lavoratori e gli imprenditori.

Dopo la crisi economica- Tutte le scelte fatte a livello europeo dall’inizio della crisi economica ad oggi, che possiamo riassumere nella formula giornalistica della “politica di austerità”, sono state fatte senza un confronto vero con le rappresentanze del mondo del lavoro. Oggi la nuova Commissione Junker sembra voler invertire il trend, forse ritenendo che il tentativo di avviare un rapporto diretto con i cittadini saltando i corpi intermedi non abbia dato i risultati attesi, ma anche perché le sfide della globalizzazione non consentano più di fare scelte di vertice senza il coinvolgimento delle popolazioni e dei lavoratori europei.

Non sappiamo quali saranno gli sbocchi di questo annunciato “nuovo inizio”.
Certamente l’Unione europea si trova, dopo quasi dieci anni di crisi economica, a dover fare delle scelte importanti per dare risposte a problemi enormi quali il basso tasso di crescita delle economie europee rispetto ai paesi emergenti ed una disoccupazione, soprattutto giovanile, decisamente troppo alta, soprattutto nel sud dell’UE.

Lo deve fare in fretta, e lo deve fare in un mondo globalizzato dove solo una forte strategia comune europea può avere effetti positivi per la qualità della vita dei propri cittadini.
Lo deve fare inoltre fronteggiando l’emergere di forze politiche che spingono invece alla chiusura rispetto al mondo esterno ed al ritorno indietro rispetto al processo di integrazione europea, una strada che se fosse davvero imboccata a livello europeo porterebbe l’UE ad una marginalizzazione economica e culturale rispetto al resto del mondo che impoverirebbe gran parte degli stessi cittadini europei.

E tutto ciò in presenza del più grande esodo migratorio per ragioni umanitarie che l’Unione europea abbia mai visto. Un esodo che fa paura e che fa emergere cedimenti importanti negli stessi paesi membri rispetto ai valori fondanti dell’Unione europea, primo fra tutti il principio di solidarietà fra gli stati membri.

"A new start for social dialogue"- Il 5 marzo 2015 si è tenuta a Bruxelles la conferenza “A new start for social dialogue” che ha visto più di 400 partecipanti tra cui leader delle parti sociali dell'UE, organizzazioni a cross-industry e settoriale e delle parti sociali, organizzazioni nazionali, rappresentanti degli stati membri e delle istituzioni europee, le istituzioni internazionali e gruppi di riflessione.

La Commissione ha posto in discussione sei temi chiave che potrebbero essere alla base del rilancio del dialogo sociale. Questi temi sono:

  • Migliorare il coinvolgimento delle parti sociali nel semestre europeo
  • Rafforzare le relazioni industriali e la creazione di capacità a livello nazionale
  • Strategia macro-economica dell'Unione europea e la necessità di investire in crescita e occupazione di qualità
  • Sfruttare appieno il potenziale del mercato unico digitale
  • Il dialogo sociale e il miglioramento della regolamentazione
  • Competenze, bisogni di istruzione e formazione in previsione di un ambiente di lavoro che cambia

La Commissione ha sostenuto che il dialogo sociale è necessario per il Modello sociale europeo, oltre che indispensabile per garantire la ripresa economica dell’UE. Lo stesso piano di investimenti Junker ne ha assoluto bisogno affinchè possa essere utilizzato nel modo più equilibrato per il reciproco beneficio dei dipendenti e delle imprese, in una vera economia sociale di mercato europea.

La Commissione si è impegnata a coinvolgere maggiormente le parti sociali nella governance economica dell’Unione europea sia a livello europeo che nazionale, a partire dal semestre europeo. Si è impegnata a prevedere momenti di discussione con le organizzazioni delle parti sociali per sulle analisi economiche dei paesi membri e le relative raccomandazioni. Sosterrà inoltre lo sviluppo del dialogo sociale anche con l’utilizzo dei finanziamenti comunitari, come ad esempio il Fondo sociale europeo

La base giuridica del dialogo sociale- Il dialogo sociale è un elemento fondamentale del modello sociale europeo, che con la riforma di Amsterdam ha acquisito il pieno riconoscimento nei trattati. Le parti sociali (rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori) sono pertanto in grado di contribuire in modo attivo all'elaborazione della politica sociale europea

A norma dell'articolo 151 del TFUE, la promozione del dialogo tra datori di lavoro e lavoratori è un obiettivo comune dell'UE e degli Stati membri. Il dialogo sociale mira a migliorare la governance europea attraverso il coinvolgimento delle parti sociali nella fase decisionale e nel processo di attuazione. L’articolo 152 del TFUE enuncia che «l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali al suo livello, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali. Essa facilita il dialogo tra tali parti, nel rispetto della loro autonomia». L'articolo 153 del TFUE dà l'opportunità agli Stati membri di affidare alle parti sociali l'attuazione di una decisione del Consiglio adottata previa ratifica di un accordo collettivo firmato a livello europeo.

Come funziona il dialogo sociale previsto dai Trattati? - A livello dell'UE, conformemente all'articolo 154 del TFUE, la Commissione è tenuta a consultare le parti sociali prima di adottare qualsiasi azione in materia di politica sociale. Le parti sociali possono quindi scegliere di negoziare un accordo sul tema della consultazione e bloccare l'iniziativa della Commissione. Il processo di negoziazione può durare fino a nove mesi, durante i quali le parti sociali possono:

  • concludere l'accordo e chiedere congiuntamente alla Commissione di proporre che il Consiglio adotti una decisione di attuazione, oppure
  • una volta concluso l'accordo tra loro, attuarlo secondo le proprie procedure e prassi specifiche e quelle degli Stati membri (accordi «volontari» o, successivamente, «autonomi»); oppure
  • non essere in grado di raggiungere un accordo; in tal caso la Commissione riprende i lavori sulla proposta in questione.

Nel 1992 è stato istituito il Comitato per il dialogo sociale (CDS) come principale forum per il dialogo bipartito tra le parti sociali a livello europeo. Il CDS si riunisce 3-4 volte l'anno e comprende 64 membri (32 rappresentanti dei datori di lavoro e 32 rappresentanti dei lavoratori), provenienti dai segretariati europei o dalle organizzazioni nazionali.

Nel marzo 2003 il Consiglio ha dato vita ad un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione, che ha sostituto il Comitato permanente dell'occupazione, dal 1970 organo principale a livello europeo per il dialogo sociale tripartito.

Il vertice è ora composto ufficialmente dall'attuale Presidenza del Consiglio UE e dalle due successive Presidenze, dalla Commissione e dalle parti sociali. Le tre Presidenze del Consiglio sono normalmente rappresentate dai capi di Stato e di governo e dai ministri responsabili dell'occupazione e degli affari sociali; analogamente, la Commissione ha due rappresentanti, solitamente nella persona del Presidente e del Commissario competente per l'occupazione e gli affari sociali.

I membri delle parti sociali sono suddivisi in due delegazioni di pari dimensioni e comprendono 10 rappresentanti dei lavoratori e 10 rappresentanti dei datori di lavoro, con particolare attenzione alla necessità di garantire una partecipazione equilibrata tra donne e uomini. Ciascun gruppo è costituito da delegati di organizzazioni europee interprofessionali che rappresentano interessi generali o interessi più specifici del personale direttivo e manageriale delle piccole e medie imprese a livello europeo.

Il coordinamento tecnico è assicurato dalla CES , la confederazione europea dei sindacati) per la delegazione dei lavoratori e da BusinessEurope (ex UNICE), la confindustria europea, per la delegazione dei datori di lavoro.

A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, il ruolo del vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione è ora sancito dall'articolo 152 del TFUE.

Per saperne di più:
new start for social dialogue 

Stefania Fenati

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