Dalla preistoria all'età romana
L’Adriatico, il mare che a est segna il confine dell’Emilia-Romagna, era frequentato già nella preistoria. Fu l’approdo di genti che poi si insediarono nella penisola italiana lasciando tracce nel territorio e nei racconti degli autori antichi. Tra il XVII e il XVI secolo avanti Cristo, nell’età del Bronzo, in questa terra si diffuse una civiltà che prende il nome dalle “terramare”, i villaggi costruiti sulle palafitte: questa cultura primitiva, che riguardava molte aree dell’Emilia-Romagna e raggiungeva anche le prime zone dell’Appennino, ha lasciato ricche testimonianze nei territori di Modena e di Parma.
Il mare Adriatico viene evocato anche nei miti greci, come quello di Ercole, e nei racconti degli eroi omerici. Dal VII secolo avanti Cristo la navigazione greca divenne intensa: in buona parte si dirigeva verso il delta del Po, soprattutto a Spina, come testimoniano le splendide ceramiche oggi esposte nel Museo archeologico di Ferrara. Per tutto l’evo antico questo scalo mantenne la sua funzione di mercato fluviale verso la Padania e le Alpi, quindi verso l’Europa.
“Protovillanoviano” e “Villanoviano” sono i termini usati oggi per definire le culture che anche in questa regione, tra l’VIII e il VI secolo avanti Cristo, segnarono l’incontro con la civiltà etrusca. Gli Etruschi, provenienti dalla valle del Reno attraverso le città di Marzabotto e di Bologna (che si chiamava Fèlsina), si incontravano anche sul delta del Po. Di qua dall’Appennino, i principati e le diverse città etrusche esercitarono un dominio mercantile soprattutto nella parte orientale della regione, per esempio attraverso la valle del Marecchia, dove su un fiorente centro protovillanoviano sorgeva l’abitato di Verucchio.
Nella parte occidentale, il dominio etrusco si attuò come un vero monopolio politico, sia a Felsina, lungo la via per Spina, sia nel Modenese, nel Parmense, nel Piacentino, e anche al di là del Po. Ne derivarono una vera e propria produzione artistica e una raffinata cultura urbanistica, come nella città fondata a Marzabotto, nella valle del Reno. Sull’Appennino occidentale, la cultura etrusca si incontrò e si amalgamò con quella delle popolazioni liguri lì stanziate, che conobbero poi l’invasione celtica e il successivo arrivo dei Romani.
In Emilia-Romagna i Celti si insediarono in villaggi che di frequente dominavano le vallate appenniniche: come a Monte Bibele, nella valle bolgnese dell’Idice. Ritornando al mare, la costa adriatica continuò sempre a essere toccata da una navigazione costiera: gli approdi principali furono Rimini e Ravenna; da Ariminum (cioè Rimini, la prima colonia creata da Roma nell’area padana, nel 268 avanti Cristo) merci e uomini, attraverso i valichi appenninici, scendevano nella valle del Tevere. In età romana la valle del Po prendeva il nome di Gallia Cisalpina: ovvero la terra dei Galli cinta dall’arco alpino. Al suo interno il corso del fiume Po (dal latino Padus) identificava due regioni: la Transpadana e la Cispadana (che corrisponde all’Emilia-Romagna attuale).
La fondazione di Rimini preparò la penetrazione romana: nel 218 viene fondata la colonia di Placentia (l’attuale Piacenza). La seconda guerra punica e il passaggio di Annibale arrestarono per diversi anni l’espansione romana nella regione. Tra il 189 e il 183 avanti Cristo la colonizzazione riprese con la fondazione di Bononia (Bologna), di Mutina (Modena) e di Parma. Per collegare le colonie romane si avviò la creazione di un unico asse stradale, opera del console Emilio Lepido. La Via Emilia, che parte da Rimini e termina a Piacenza, divenne l’elemento portante di una trasformazione totale, nel paesaggio come nell’economia del territorio: si bonificarono le terre paludose, si divisero le terre coltivabili, si crearono fornaci per la costruzione delle città.
Dal I secolo avanti Cristo, con l’imperatore Augusto, Ravenna, grazie al suo particolare territorio lagunare, fu la base della flotta romana d’Oriente (la classis, da cui il nome di Classe, la località che fu il porto della città). Qui, di conseguenza, affluirono marinai reclutati anche in terre molto lontane. Numerose strade continuarono verso nord il tracciato della Via Emilia. Fondamentale, per le sue opportunità di comunicazione, anche il percorso interno alla laguna: attraverso gli specchi palustri costieri, questo itinerario univa Ravenna ad Altino e ad Aquileia (negli attuali Veneto e Friuli Venezia Giulia).
La romanizzazione portò a un sistematico trapianto di popolazioni: una traccia evidente di questo processo resta nelle espressioni della religiosità e negli sviluppi dell’alfabetizzazione. Durante l’età imperiale romana l’Adriatico registrò l’afflusso di numerosi culti provenienti da paesi del Vicino Oriente, di cui restano tracce in oggetti, iscrizioni e monumenti: un grande santuario dedicato a divinità orientali era situato a Sarsina, nel cuore dell’Appennino di Cesena.
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Documenti scaricabili:
- La romanizzazione dell'Emilia-Romagna (pdf, 68 kB)
Valeria Cicala, Angela Donati, Giancarlo Susini, "La romanizzazione dell'Emilia-Romagna", testo tratto dal volume:"Regio VIII. Luoghi, uomini, percorsi dell'età romana in Emilia-Romagna", a cura di Fiamma Lenzi, Bologna, Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, edizioni Aspasia, 2006 - Resuscitare la Storia di Vito Fumagalli (pdf, 25 kB)
Vito Fumagalli "Resuscitare la Storia" testo tratto dalla rivista:"IBC. Informazioni, commenti, inchieste sui beni culturali", III, 1995, 4-5, pp. 48-51 (dossier: "Spazio e tempo. Per una nuova politica dei centri storici", a cura di Pier Luigi Cervellati e Flavio Niccoli) - Ascolta la lettura della scheda (mp3, 6834 kB)
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