Pari opportunità per chi è in carcere

19.11.2012

Pari opportunità per chi è in carcere

Si dice che la privazione della libertà personale dovrebbe comportare, all’interno degli istituti penitenziari, solo una limitazione della libertà di movimento. Ogni altro diritto civile, politico, economico, deve invece essere assicurato alle persone detenute e ai ristretti.

Così non è, in particolare per i molti reclusi che non hanno ancora una condanna definitiva, perché per loro (circa il 40% della popolazione detenuta) non è di fatto applicabile neppure quella parte dell’ordinamento penitenziario che prevede la possibilità di fruire di opportunità di lavoro, di studio, di trattamento personologico.

La realtà è molto difficile anche per coloro che dovrebbero essere i destinatari di una serie di interventi finalizzati alla risocializzazione. Pochi i detenuti che lavorano (complessivamente non più del 20%); difficile l’accesso allo studio, soprattutto salendo in gradi di istruzione; scarse le risorse per il lavoro, per lo studio e per attività culturali e ricreative. Per lo più i detenuti restano gran parte della giornata nella più assoluta e forzata inattività, costretti in pochi metri di spazio.

Nonostante la drammatica situazione delle carceri in termini di sovraffollamento, suicidi e mancanza di opportunità, in questo periodo è  prevista una ulteriore riduzione delle risorse destinate al carcere.

In questi anni si può dire con certezza che la sopravvivenza del sistema carcere, quanto ad assistenza materiale di molti detenuti bisognosi, è stata affidata al volontariato, molto presente anche e forse soprattutto in questa regione, sempre più impegnato a far fronte ad una povertà manifesta, incrementata anche dalla presenza massiccia di detenuti non appartenenti all’Unione Europea.

Il volontariato, sia singolo che associato, ha cercato di garantire qualche opportunità “dentro“, cercando di avviare iniziative e attività simili al “fuori”.

Il teatro, l’animazione, le letture, l’assistenza spirituale, i cineforum, l’attività redazionale dentro agli istituti, l’assistenza a studenti che privatamente hanno cercato di andare avanti negli studi, l’assistenza fuori alle famiglie delle persone detenute per consentire il mantenimento dei legami familiari, l’attività volta a garantire momenti sereni di incontro dentro il carcere tra genitori e figli attrezzando luoghi idonei agli incontri.

L’elenco potrebbe continuare, per la ricchezza delle proposte e l’impegno profuso. In alcune situazioni c’è stato il tentativodi portare le esperienze nate dentro al di fuori, come è successo e succede con il teatro, in modo da rendere partecipi di quelle esperienze le persone libere e affrontare il tema del carcere con i cittadini facendo conoscere potenzialità e normalità delle persone recluse.

Oggi ragionare in termini di pari opportunità per chi è in carcere rispetto a chi è un libero cittadino non è possibile e, anche dentro i penitenziari, così come avviene all’esterno, le poche opportunità che ci sono non sono pari neppure per la popolazione detenuta, perché la pochezza delle risorse impone sempre non un’offerta indifferenziata ma una selezione, che è crudele anche quando avviene nel rispetto di criteri non contestabili.

In questo preoccupante quadro, il compito del Garante è quello di ricordare ai detenuti che, nonostante tutto, sono titolari di diritti e di doveri, ma anche quello di vigilare e monitorare la situazione carceraria, nonché di valorizzare la collaborazione e il confronto con tutte le realtà, istituzionali e non, che si occupano di problemi legati alle carceri.

L’informazione, la sensibilizzazione, la promozione sui temi dei diritti umani e della umanizzazione della pena e la facilitazione della positiva relazione tra il “dentro e fuori” sono i punti fermi dell’azione del garante.

Avv. Desi Bruno

Garante delle persone sottoposte a misure restrittive

o limitative della libertà persona

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