Colloquio di Claude Lanzmann con Maurice Rossel

Il regista francese Claude Lanzmann intervistò Maurice Rossel nel 1979 e ne ricavò un breve filmato, intitolato Un vivo che passa. Tale titolo deriva dal fatto che Rossel, nel 1943, di propria iniziativa si recò ad Auschwitz ed ebbe un colloquio con un ufficiale delle SS. Vide alcuni detenuti, che gli fecero venire in mente i dannati dell’inferno dantesco: o meglio, ai loro occhi, Rossel dovette fare la stessa impressione che fece il poeta toscano, uomo vivo, agli abitanti del mondo dei morti. Ciò nonostante, Rossel non si rese affatto conto dell’inferno umano e terreno in cui aveva messo piede. In modo ancora più ingenuo e superficiale, Rossel visitò nel 1944 il campo di Terezín, insieme ad una delegazione della Croce Rossa danese.

C. Lanzmann. Nel suo rapporto lei dipinge un quadro abbastanza soddisfacente di…
Dr. Rossel. Abbastanza soddisfacente…
C. Lanzmann. …di Theresienstadt.
Dr. Rossel. …delle condizioni di igiene e di tutto ciò che ho visto. Se lei è… dottor Lanzmann, se la mandano in un posto per osservare e vedere.
C. Lanzmann. Ma lei ha anche detto per osservare e per vedere al di là…
Dr. Rossel. Al di là, certo, al di là.
C. Lanzmann. …al di là di ciò che a un primo sguardo si vede. […] Sono in possesso dei dettagli delle cose che i nazisti hanno attuato in occasione della visita… di tutte le misure che sono state prese.
Dr. Rossel. Sì.
C. Lanzmann. Ed è straordinario perché si trova con esattezza la stessa cosa nel suo rapporto. Lei afferma che ha potuto scattare tutte le fotografie che voleva. Ed è proprio questo che loro volevano, che lei scattasse delle fotografie.
Dr. Rossel. Certo.
C. Lanzmann. Lo desideravano… Per esempio, avevano fatto ripulire tutte le strade e le avevano fatte asfaltare. Questo è stato un primo provvedimento. Sulla grande piazza di Theresienstadt, proprio di fronte al Kaffehaus, avevano fatto erigere, qualche giorno prima del vostro arrivo, un padiglione per la musica, con un’orchestra che suonava, ed è proprio quell’orchestra che lei e la sua delegazione avete visto e di cui parla nel suo rapporto.
Dr. Rossel. Pensi che non me ne ricordo più.
C. Lanzmann. Eppure è così.
Dr. Rossel. Ah, le credo, le credo.
C. Lanzmann. Ma tutto ciò non esisteva prima.
Dr. Rossel. Ne sono convinto.
C. Lanzmann. E non esisterà dopo. Le dico questo, per mostrarle l’immensità dell’inganno e com’era stato preparato. Inoltre, hanno sistemato delle panchine nelle piazze e nel cosiddetto giardino pubblico ecc. Lei parla nel suo rapporto con grande meraviglia di uno spazio per i bambini, per i neonati e per i più piccoli, di una sorta di Kinder Pavillon, decorato con immagini di animali, e con una cucina, delle docce e dei lettini. Questo è stato fatto…
Dr. Rossel. Sì.
C. Lanzmann. …qualche giorno prima del suo arrivo, e poi è scomparso subito dopo, e per un motivo molto semplice: le nascite erano praticamente vietate…
Dr. Rossel. Sì.
C. Lanzmann. …a Theresienstadt. Con l’aborto obbligatorio.
Dr. Rossel. Ecco!
C. Lanzmann. Era contraddittorio rispetto alla politica di sterminio permettere…
Dr. Rossel. Certo.
C. Lanzmann. …delle nascite. Allo stesso modo avevano messo dei pannelli colorati con dei cartelli indicatori: Zur Bank, zur Post, zur Kaffehaus (in direzione della posta, della banca, del caffè), come facevano del resto nei campi di sterminio. A Treblinka era la stessa cosa: c’era una stazione, con un orologio, ben decorato, ma che segnava sempre la stessa ora. Bene. E le case che le hanno fatto vedere erano state ristrutturate completamente. Lei scrive anche di avere assistito a un pasto, dove c’era una cameriera che aveva una cuffietta inamidata. Tutto questo era stato predisposto esclusivamente per lei e per i delegati…

Lei scrive: <<Lo stato dell’abbigliamento, in linea generale è soddisfacente. Le persone che incontriamo per strada sono vestite bene, con le differenze che si incontrano normalmente in una piccola città, tra gente più o meno ricca. Le signore eleganti hanno tutte calze di seta, cappelli e foulard, borsette moderne. Anche i giovani sono vestiti bene. Si incontrano anche dei ragazzi con capelli lunghi e barba>>. Li avevano preparati apposta per lei. Nel suo rapporto, parla anche, ed è una delle rare eccezioni di cose negative che racconta, di sovrappopolazione. Ma la sovrappopolazione era tale che, per preparare la visita, i nazisti hanno deportato circa quattromila persone ad Auschwitz, dove questa gente è stata gassata subito, perché così il luogo era meno popolato e lei avesse una migliore impressione. […]

Lei conclude il rapporto: <<La nostra relazione non cambierà il giudizio di nessuno. Ciascuno è libero di condannare l’atteggiamento assunto dal Reich per risolvere la questione ebraica. Se tuttavia, questo nostro rapporto dissipa una parte del mistero intorno alla città di Theresienstadt, questo basta>>. Che cosa voleva dire esattamente con questa frase? Quali erano le persone alle quali sperava di fare cambiare il giudizio?

Dr. Rossel. In ogni caso, eravamo assolutamente contrari alla segregazione razziale e contro la deportazione degli israeliti nei ghetti. E’ qualcosa di così contrario alla nostra mentalità di piccoli svizzeri, che io non avevo mai visto nulla di simile, tanto che questo era già di per sé un orrore, anche se non avevamo consapevolezza dello sterminio di massa.

C. Lanzmann. Si duole oggi per questo rapporto?
Dr. Rossel. Non vedo proprio come avrei potuto redigerne un altro diverso. Lo firmerei ancora.
C. Lanzmann. Anche sapendo ciò che le ho detto?
Dr. Rossel. Sì, certo.
C. Lanzmann. Vale a dire che l’hanno completamente ingannata…
Dr. Rossel. Sì, ma…
C. Lanzmann. E che la realtà era…
Dr. Rossel. …era…
C. Lanzmann. …un inferno. Certo, lei non scrive che si tratta di un paradiso, ma il suo rapporto è roseo.
Dr. Rossel. Sì.

(C. Lanzmann, Shoah , Milano, Bompiani, 2000, pp. 264-271. Traduzione di G. Cillario)

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