Chelmno: testimonianza di un autista di Gaswagen

Walter Burmeister prese servizio a Chelmno / Kulmhof nel tardo autunno del 1941 e fu uno degli autisti dei veicoli speciali che provocarono la morte, in quel luogo, di circa 150 000 persone. Processato dopo la guerra, fu condannato a 13 anni di carcere. La testimonianza seguente fu resa il 24 gennaio 1961.

Dopo che il castello fu provvisto della rampa arrivavano a Kulmhof, su camion, persone da Litzmannstadt [= nome tedesco della città chiamata Lodz in polacco – n.d.r.] … Gli veniva spiegato che dovevano fare il bagno e che i loro vestiti andavano disinfestati, prima però dovevano depositare gli oggetti di valore che venivano registrati. Per ordine del capo del commando Lange [= Herbert Lange, primo comandante di Chelmno, sostituito nel marzo/aprile 1942 da Hans Bothmann – n.d.r.] anche io qualche volta – non saprei dire quante – ho tenuto questo discorso alle persone che erano in attesa nel castello. In questo modo si doveva nascondergli quel che li aspettava.

Quando si erano spogliati venivano condotti nella cantina del castello e da qui, attraverso un corridoio, fino alla rampa e poi ai Gaswagen. Nel castello c’erano dei cartelli con la scritta: <<Ai bagni>>. I Gaswagen erano dei grandi autocarri con un cassone lungo 4 o 5 metri, largo circa 2 metri e 20 e alto 2 metri, rivestito al’interno di lamiera. Sul pavimento c’era una grata di legno. Nel fondo del cassone c’era un’apertura che poteva venir collegata allo scappamento con un tubo metallico mobile. Quando i camion erano al completo i battenti delle porte posteriori venivano chiusi e si stabiliva il collegamento tra lo scappamento e l’interno del camion…

I membri del commando impiegati come autisti dei Gaswagen mettevano poi in moto il motore, cosicché le persone che si trovavano all’interno morivano soffocate dai gas di scarico, poi veniva tolto il tubo di collegamento e il camion si dirigeva al Waldlager [ = il campo nel bosco, dove si trovavano le fosse comuni – n.d.r.]. Qui venivano scaricati i cadaveri che in un primo tempo venivano sepolti in fosse comuni, più tardi invece bruciati… Poi riportavo il camion al castello e lo lasciavo lì. Qui veniva ripulito dalle deiezioni delle persone morte lì dentro. In seguito veniva nuovamente utilizzato per le gassazioni…

Che cosa io abbia pensato allora o se addirittura io abbia pensato qualcosa, oggi non potrei dirlo. Non posso neanche dire se il motivo per cui non mi sono mai opposto agli ordini che mi venivano impartiti è che ero troppo influenzato dalla propaganda di allora.

(E. Klee - W. Dressen, V. Riess, "Bei tempi". Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l'ha eseguito e da chi stava a guardare, Firenze, La Giuntina, 1990, p. 172. Traduzione di P. Buscaglione Candela)

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