La molla motivazionale dei realizzatori dello sterminio

Il principale pregio del lavoro di Browning e di Goldhagen fu di spostare l’attenzione degli storici, dai lager e dalle camere a gas, ai massacri di massa. Entrambi studiarono la psicologia degli assassini, di coloro che materialmente eseguirono il genocidio (e che Goldhagen chiama i realizzatori). La motivazione ultima del loro comportamento, però, è trovata da Goldhagen nella capillarità con cui l’ideologia nazista si era diffusa all’interno della società tedesca; Browning, al contrario, prese in considerazioni anche altri fattori, come il rapporto con l’autorità e lo spirito di gruppo, in situazione di guerra.

L'unica interpretazione adeguata [del comportamento dei realizzatori - n.d.r.] è quella secondo cui un antisemitismo demonologico, violentemente razzista, fu la struttura cognitiva comune dei realizzatori, e della società tedesca in genere; in questo senso i realizzatori furono consenzienti carnefici di massa, uomini e donne devoti alle proprie convinzioni eliminazioniste, fedeli al proprio antisemitismo culturale, che consideravano giusto il massacro. [...]

L'abile promemoria per la difesa presentato da Reinhard Maurach al processo di Norimberga   contro le Einsatzgruppen dichiarava alla corte la pura e semplice verità: gli Einsatzkommandos [= i gruppi operativi che compivano i massacri - n.d.r.] erano sinceramente convinti che il bolscevismo, con il quale la Germania aveva ingaggiato uno scontro apocalittico, fosse <<un'invenzione degli ebrei, asservita agli interessi dell'ebraismo>>. Secondo Maurach era una sufficiente giustificazione soggettiva dello sterminio degli ebrei, in quanto i tedeschi, realizzatori o no, a torto o a ragione, ritenevano che da questo dipendessero le sorti della Germania. Sostenendo la sua tesi, Maurach così spiegava l'origine di quella convinzione: <<Non si può dubitare che il nazionalsocialismo fosse pienamente riuscito a persuadere l'opinione pubblica, ma anche la stragrande maggioranza del popolo tedesco, dell'identità tra bolscevismo ed ebraismo.>> [...]

Furono queste convinzioni a indurre [i realizzatori dello sterminio], a livello collettivo e individuale, a scegliere di eseguire gli ordini genocidi invece di evitare di uccidere, o farsi congedare dalle strutture della morte. Per chi credeva che l'ebraismo avesse ingaggiato un apocalittico scontro con la germanicità, l'annientamento degli ebrei era giusto e necessario; consentire l'esistenza, la crescita e la suppurazione di quella piaga mortale equivaleva a tradire la patria e i propri cari. Un popolare libro per bambini - Il fungo velenoso, una rassegna illustrata delle perfidie degli ebrei che, come i funghi, sembrano buoni ma sono mortali - comunicava ai piccoli tedeschi tutto il senso di questa logica, cioè la necessità di purgare il mondo dagli ebrei, nel titolo del suo ultimo capitolo: <<Se non risolveremo la Judenfrage [= questione ebraica - n.d.r.], non ci sarà salvezza per l'umanità! >>

La fede nella giustizia di quella causa induceva i tedeschi a prendere regolarmente l'iniziativa nello sterminio degli ebrei, dedicandosi ai compiti assegnati con l'ardore dei veri credenti o uccidendo anche in assenza di ordini espliciti, e spiega non soltanto perché non si rifiutassero di uccidere, ma anche perchè molti di loro [...] si offrissero volontari per gli eccidi. [...] Un sopravvissuto racconta che dopo aver deportato o fucilato tutti gli ebrei che erano riusciti a rastrellare senza difficoltà, i tedeschi cominciarono <<la caccia a tutti quelli che si erano nascosti. Una caccia che non aveva uguali nella storia dell'umanità. Intere famiglie si nascondevano [...]; ma loro, inesorabili, instancabili, finivano sempre per scovarli. Strada per strada, casa per casa, centimetro per centimetro, dalla soffitta alla cantina; erano diventati esperti nel trovare i nascondigli. quando perquisivano una casa battevano sulle pareti alla ricerca del suono sordo che indicava un doppio muro, e perforavano soffitti e pavimenti... Non erano più <<azioni>> limitate; era l'annientamento totale. Squadre di SS battevano le strade, frugando nei fossi, nei magazzini, nei cespugli, nei fienili, nelle stalle, nei porcili. Scovavano e uccidevano gli ebrei a migliaia, poi a centinaia, poi a decine; e infine, uno per volta>>.

La <<caccia che non aveva uguali nella storia dell'umanità>> fu tipica di tutte le operazioni dei tedeschi nei ghetti, come le <<cacce all'ebreo>> condotte sia nei ghetti sia nelle campagne dai tedeschi comuni di molti battaglioni di polizia [...]. L'impressione indiscutibile che lasciarono nei testimoni delle operazioni non fu certo quella di uomini riluttanti a eseguire gli ordini: c'erano in loro tutta la passione, tutta la determinazione, tutta l'instancabilità, tutto l'entusiasmo dei fanatici religiosi impegnati in una sacra missione di redenzione.

(D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler, Milano, Mondadori, 1997, pp. 408-411. Traduzione di E. Basaglia)

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