L'agonia del ghetto di Kaunas

Tra il giugno e il dicembre 1941, la dottoressa lituana (non ebrea) Elena Kutorgene-Buivydaite tenne un diario molto dettagliato, in cui registrò l’occupazione tedesca, i pogrom compiuti dai nazionalisti lituani, le principali azioni di rastrellamento compiute dai nazisti. La sua obiettività destò molti sospetti nella censura sovietica che, a guerra finita, dapprima intervenne pesantemente sul testo (i passi che riportiamo in corsivo vennero bocciati) e infine vietò la pubblicazione dell’intero diario.

24 giugno

I soldati tedeschi sono ben vestiti, ben nutriti e ben curati. Trasmettono un’impressione completamente diversa da quella che ci avevano fatto i militari dell’Armata Rossa arrivati un anno fa, sfiniti, laceri, magri. Le auto, i camion e gli altri mezzi dei tedeschi sono più attrezzati, robusti e pratici; sebbene snelli, i loro cavalli sono tutti purosangue. La popolazione lituana ha salutato i tedeschi con molto più entusiasmo di quello che aveva riservato ai russi l’anno scorso e li ha accolti con i fiori in mano... C’era un allegro sventolio di bandiere. I “partigiani”, attivi, solerti, facevano di tutto per ingraziarsi i tedeschi ed esibivano uno zelo affatto particolare sul fronte “ebraico”. Ripetono con insistenza che gli ebrei hanno sparato dalle finestre, persino – dicono – con le mitragliatrici; ma non ci sono testimoni oculari.

In servizio, alla mutua, ho passato momenti davvero spiacevoli: un’infermiera mi si è rivolta con una tale villania e un tale astio che sono rimasta davvero scioccata, tanto più che personalmente non le ho mai fatto nulla di male. Ha strappato dalla parete l’immagine di Stalin che avevo appeso e l’ha calpestata. In generale, in tutta la città le vetrine sono andate in frantumi: tutti gli emblemi, i ritratti, i libri, i busti e i simboli sovietici sono stati fatti a pezzi, distrutti; particolarmente desolate sono le vetrine delle librerie: un cumulo di schegge di vetro e di carta. La popolazione lituana si era mostrata docile, ma nell’intimo la pensava ben diversamente. Ha accumulato odio e tanto più lo ha tenuto nascosto, tanto più violentemente lo fa esplodere ora che non ha più freni. [...] I “patrioti” hanno sfogato la loro sadica ebbrezza per tutto il giorno: con il consenso delle autorità gli ebrei vengono assassinati e tormentati... L’odio contro gli ebrei accomuna tutti i lituani, quasi senza eccezioni. […]

 

12 agosto

Oggi sono stata nel ghetto. Le strade sono cinte di filo spinato; da un’altra parte è stato costruito un viadotto di legno sopra una via “cristiana”, cosicché gli ebrei non “profanino” la strada dei cristiani attraversandola. Squallidi e miseri tuguri di periferia , volti provati… Tra una casupola e l’altra tanti poveri oggetti; in cortile i mobili, che negli alloggi, incredibilmente angusti, non hanno trovato spazio. Nel sobborgo che un tempo ospitava 5000 persone, vivono in 25 000-30 000.

Ho visitato alcuni amici medici. In uno stanzino vivono due famiglie. Sono tutti molto cambiati… Sanno di essere spacciati. Oggi è stata tolta l’elettricità… Ricevono cento grammi di pane al giorno… Un solo negozio, code senza fine… Né lavoro né cibo né luce né combustibile né libri… E l’attesa di una morte inesorabile. […]

 

4 ottobre

I tedeschi hanno bruciato l’ospedale del ghetto, pazienti e personale compresi, adducendo a pretesto il fatto che esso contribuiva a diffondere infezioni. Sono arrivati con la benzina e l’hanno versata all’interno delle finestre. Hanno gettato su un camion i bambini che si trovavano nel reparto pediatrico e li hanno portati via. I malati più deboli, chi era stato operato da poco, le puerpere e i paralitici non hanno potuto mettersi in salvo, dato che tutto è avvenuto molto in fretta e senza preavviso. Un mio conoscente, un vecchio medico rimasto paralizzato in seguito a un colpo apoplettico, è morto tra le fiamme. La gente è stata arsa viva…

Sono riuscita a trovare alloggio a una “malata” [= un’ebrea fuggita dal ghetto – n.d.r.], starà per una settimana da certi cristiani praticanti. Un’altra vive da me ormai da più di due settimane… Sì, la paura: è un’arma potentissima e non tutti riescono a sconfiggerla…, ma basta fare il primo passo e sparisce da sé. L’uomo si assuefà alle situazioni di pericolo costante e diventa intrepido. E quando si è fermamente convinti di essere nel giusto, di trovarsi dalla parte della verità, allora non si teme nemmeno la morte. […]  

 

30 ottobre

Nel ghetto sono state mandate a morire altre 10 000 persone. La scelta è caduta sui più deboli, sui vecchi, sulle madri con prole numerosa e sui loro bambini, su chi non è più in grado di lavorare... Quante tragedie: mariti che al ritorno dalla città non hanno più trovato moglie e figli, mogli costrette a rimanere nel ghetto mentre i loro mariti venivano portati via... Hanno diviso fratelli, sorelle, padri e madri con i bambini.

Il giorno prima era stato annunciato che alle sei del mattino tutti gli abitanti del ghetto, a eccezione degli operai provvisti degli speciali permessi di lavoro preventivamente distribuiti a specialisti e artigiani, dovevano raccogliersi nella piazza principale e incolonnarsi. In prima fila c’erano i membri dello Judenrat con le loro famiglie; dietro di loro gli impiegati dell’amministrazione, poi le diverse squadre di lavoratori, raggruppate in base al tipo di attività svolta. Il comandante del campo d’aviazione e altri rappresentanti delle autorità tedesche esaminavano con attenzione le persone che sfilavano lentamente davanti a loro. Ad alcuni ordinavano di andare a destra, e ciò significava la morte, agli altri di andare a sinistra. Sono stati mandati a morire i soggetti più deboli, gli anziani e le famiglie numerose. Tra le sei del mattino e il calar della sera sono state scelte e destinate a passare la notte nel cosiddetto <<piccolo ghetto>>, già <<ripulito>> dai suoi abitanti nei mesi precedenti, 10 000 persone. Su ogni lato della piazza c’erano mitragliatrici e guardie. Era una giornata fredda. La gente è dovuta rimanere lì, ferma, tutto il giorno, senza mangiare; i bambini piangevano in braccio alle madri. Al sorgere del sole si è sparsa la notizia che i prigionieri di guerra del IX Forte (il forte della morte) erano stati costretti a scavare enormi fosse. Quando la folla è stata condotta al IX Forte, tutti hanno capito che era la fine...

La gente ha iniziato a piangere e a gridare... Molti hanno provato a scappare, ma sono stati uccisi: i campi erano disseminati di cadaveri. I tedeschi hanno trasportato una parte della gente con i camion. Nel forte le vittime sono state spogliate, cacciate nelle fosse in gruppi di trecento persone e trucidate con i mitra, i fucili e le mitragliatrici. I condannati hanno dovuto aspettare nudi al gelo per molte ore. I primi a essere gettati nelle fosse sono stati i bambini. Gli assassini erano ubriachi, dal primo all’ultimo. Un soldato tedesco ha detto a un mio conoscente di aver scritto alla moglie, una cattolica: <<Ieri mi sono persuaso che Dio non esiste, perché se esistesse non avrebbe potuto permettere ciò che è accaduto>>. L’indomani i vestiti delle vittime sono stati portati via con i camion.

(V. Grossman – I. Erenburg, Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941-1945, Milano, Mondadori, 1999, pp. 483-513. Traduzione di L. Vanni)

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