La Grande azione
Presto, in uno scuro mattino d’autunno, i 30 000 ebrei del ghetto lasciarono le loro case, abbandonando le loro residenze, i loro armadi e il loro mobilio, le loro dispense e i loro cassettoni; non era permesso chiudere nulla. Fuori, da un cielo nuvoloso cadeva un nevischio bagnato; un sottile strato bianco copriva la terra e la smisurata piazza Demokratu verso la quale stavano sciamando (in quel buio mattino d’autunno) uomini e donne, giovani e vecchi, persone con bambini tenuti per mano o in braccio, coperti e infagottati nei loro vestiti e nei loro stracci; con candele di sego nelle loro mani per illuminare la strada davanti a loro, nell’oscurità. […]
Per l’intera giornata [i tedeschi] passarono in rassegna quella massa di 30 000 persone presenti nella piazza. A destra, a sinistra, a destra, a sinistra. Cominciava a diventare buio; arrivava la sera, e la selezione non giungeva alla fine.
Rauca, l’uomo della Gestapo, dal punto in cui si trovava separava la vita dalla morte. Nelle dita della sua mano destra stava il destino di ciascun individuo presente sulla piazza. Se il suo dito puntava verso sinistra, le persone potevano tornarsene indisturbate, al sicuro. Nessuno le avrebbe più toccate, né i tedeschi né i partigiani. [...]
Come un maestro di cerimonie ad una festa, indirizzava la gente a destra e a sinistra con molta disinvoltura e velocità, ma anche con pacatezza, sorridendo e ristorandosi ogni tanto con un panino avvolto in carta paraffinata: non voleva sporcarsi le dita... Ogni mezz’ora chiedeva ai suoi: <<Il conto, il conto! Devo avere il conto preciso >>. […]
Questo è il primo giorno dopo la catastrofe della comunità ebraica di Kovno, dopo la catastrofe dell’ebraismo in tutta la Lituania. In quel giorno, il concetto stesso di un insediamento ebraico in Lituania ha cessato di esistere: un anello è stato tolto dalla catena della storia ebraica.
Dopo la Grande azione, il ghetto è diventato malinconico; nessuno presta minimamente fede alle promesse della Gestapo che quella è stata l’ultima azione e non che ce ne sarebbero state più altre; che d’ora in avanti tutti sarebbero rimasti in vita, avrebbero lavorato e sarebbero sopravvissuti. Ciascuno, soltanto, aspetta, come se dovesse partire per fare il soldato: nessuno vuole che accada, ma accadrà, dovrà accadere, è inevitabile. Conscia di questa assoluta ineluttabilità, la gente rimasta nel ghetto trema.
Diecimila persone sono state portate via nella Grande azione.
(D. B. KLEIN, Hidden History of the Kovno Ghetto, New York-Washington, Bullfinch Press, 1997, p. 65. Traduzione di F.M. Feltri)