Vilnius: le prime disposizioni antiebraiche
Con il giorno dell’entrata dei tedeschi a Vilnius, ebbe inizio la persecuzione della popolazione ebraica della città, circa 80 000 persone. La polizia fascista cacciò gli ebrei da tutte le ditte e ai commercianti ebrei confiscò la merce.
Sui muri delle case apparve questa ordinanza:
<<Agli ebrei è vietato l’uso del telefono.
Agli ebrei è proibito servirsi del treno.
Agli ebrei è vietato l’accesso ai locali pubblici.
Agli ebrei è fatto obbligo di consegnare i loro apparecchi radio.
Gli ebrei sono banditi dall’università>>.
In città comparvero i primi cartelli con la scritta: <<Vietato l’accesso agli ebrei>>. Nei giornali vennero pubblicati articoli che contenevano ignobili calunnie contro gli ebrei e istigavano ai pogrom.
Il 4 luglio 1941 apparve un comunicato secondo il quale tutti gli ebrei, indipendentemente dall’età e dal sesso, dovevano portare una toppa gialla sul petto e sulla schiena. Tale toppa era un pezzo di stoffa di dieci centimetri per dieci con al centro di un cerchio giallo una stella a sei punte. Era possibile vederne il modello presso tutti i commissariati di polizia. La disposizione entrava in vigore l’8 luglio 1941. I trasgressori sarebbero stati severamente puniti.
Alcuni giorni più tardi il comandante Neumann emanò un nuovo ordine. La toppa gialla fu abolita e sostituita da un fascia con una stella bianca in campo blu da portare al braccio. L’indomani anche quest’ultima prescrizione fu annullata e tornò a valere la toppa gialla da portare sul petto e sulla schiena.
Il frequente cambio di disposizione non era frutto del caso. I tedeschi intendevano umiliare, offendere e disorientare gli ebrei quanto più possibile. Questo solo accorgimento bastava per produrre un grande numero di vittime: la gente, infatti, non era nelle condizioni materiali di poter obbedire a prescrizioni che cambiavano quotidianamente, e per chi portava un segno di riconoscimento diverso da quello previsto scattava l’arresto immediato. Il profluvio di direttive sulla toppa gialla non era ancora terminato, e già compariva una nuova ordinanza.
(V. Grossman – I. Erenburg, Il libro nero. Il genocidio nazista nei territori sovietici 1941-1945, Milano, Mondadori, 1999, pp. 353-354. Traduzione di L. Vanni)