Il movimento giovanile in una testimonianza autobiografica

Nella prima parte della sua autobiografia, Margarete Buber Neumann ricorda la sua esperienza nel movimento giovanile. Dopo la guerra, infatti, vari gruppi si aprirono anche alle ragazze, mentre il movimento nel suo insieme assumeva posizioni sempre più nazionalistiche.

Nella misura in cui queste associazioni avevano un programma ben definito, uno dei punti essenziali era la lotta contro le forme sclerotizzate della società borghese e contro le imposizioni degli adulti a scuola e in casa propria. Questa gioventù era pervasa dal sano istinto di scuotere l’apatia borghese della vecchia generazione, ma cercando i modelli della sua azione non si riallacciava tanto alla rivoluzione borghese del 1848, quanto alle guerre d’indipendenza del 1813 [contro Napoleone e l’occupazione francese della Germania – n.d.r.], inebriandosi del pathos nazionale di questa sollevazione popolare. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, la Freideutsch Jugend [Libera Gioventù Tedesca – n.d.r. ] in quanto organizzazione subì il primo decisivo contraccolpo. I suoi dirigenti si presentarono in massa come volontari e caddero quasi tutti durante le prime battaglie. [...]

Questa lotta assumeva le forme più strane. Ci si sforzava innanzitutto di differenziarsi dall’altra gente nel comportamento, nel linguaggio e nell’aspetto. Naturalmente ci si dava del tu e ogni volta che ci si incontrava ci si scrollava le mani con un impeto da far scricchiolare le giunture; si cercava di evitare ogni forma di cortesia borghese. Si camminava per le strade cantando a squarciagola, si ballava nelle piazze e si pernottava nel bosco o nei fienili. Un buon Wandervogel era in gamba; in viaggio non si camminava ma si zoccolava, se lo si faceva in misura superiore all’ordinario si divoravano i chilometri. L’abbigliamento usato nelle escursioni veniva chiamato divisa e la sede del gruppo locale era un nido. I balli moderni e le canzonette erano all’indice [= rifiutate – n.d.r.]. Li si riteneva incompatibili con lo spirito del movimento giovanile che nei suoi aspetti essenziali era popolare-romantico. Anche la rinascita del ballo e soprattutto della canzone popolare – avvenuta poco prima dello scoppio del conflitto mondiale – rimarrà legata per sempre al movimento giovanile. [...]

Eravamo giovani che non comprendevamo che si stava cominciando a bistrattare [= a strumentalizzare, per fini politici – n.d.r. ] la vecchia tradizione tedesca che ci veniva presentata in forma romanticizzata e mal compresa. In un primo tempo non vedemmo neppure quanto vi era di artificioso nella cultura del movimento giovanile; eravamo troppo occupati a cantare, a passeggiare, a saltare sopra i fuochi del solstizio d’estate. E ci volle parecchio tempo perché dai ciocchi che alimentavano questi fuochi anch’io sentissi salire un altro fumo, meno profumato, quello di un misticismo germanizzante che distruggeva alla radice la spinta progressista del movimento giovanile, e che sotto certi aspetti ne fece il precursore di un movimento più tardo [ il nazionalsocialismo – n.d.r. ] il quale, senza alcuno scrupolo, del nostro movimento avrebbe ripreso il vocabolario e i vaghi ideali, non per liberare la gioventù tedesca ma per distruggerla.

Il programma prevedeva anche che il corpo ritrovasse la strada capace di riavvicinarlo alla natura. Sussisteva l’obbligo di vivere naturalmente e noi ne traevamo le conseguenze nel nostro modo di vestirci. Nessuna ragazza che facesse parte dell’organizzazione del Wandervogel poteva più costringersi in un corsetto o in scarpe dai tacchi alti o addirittura ondularsi artificialmente i capelli. Ci si vestiva in foggia greca, al collo si portavano file di perline di legno colorato e ai piedi sandali piatti chiamate ciabatte di Gesù. I giovani si facevano crescere i capelli e sostituivano gli abiti borghesi con giacchette colorate e calzoncini corti. Si sprecava molto tempo in riflessioni riguardanti una dieta che fosse veramente naturale; ci furono contrapposizioni tra chi sosteneva cibi crudi e chi cotti, tra vegetariani e assertori dei pasti misti! Interi gruppi [...] si dedicarono anima e corpo a questo culto della dieta e della purezza. Dell’adorazione del corpo faceva parte anche il naturismo [ = il nudismo – n.d.r. ] cui ci si dedicava non appena se ne presentava l’occasione.

(M. Buber Neumann, Da Potsdam a Mosca, Milano, Il Saggiatore, 1966, pp. 27-29. Traduzione di G. Backaus)

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