La ricerca di una nuova comunità

Uomini e donne isolati
Germania 1921. Un gruppo di Wandervögel al castello di Ludwigstein. Fotografia di Julius Gross.La moderna società industriale, con i suoi giganteschi agglomerati urbani, produsse rapporti umani di nuovo genere e, per certi aspetti, paradossali. Le persone frequentano a centinaia (o addirittura a migliaia) spazi relativamente ristretti quali le strade, le stazioni, le fabbriche o i condomini. Eppure, tra loro, gli individui che vivono in una moderna città non si conoscono, non sperimentano più quel complesso di relazioni sociali che è tipico di un villaggio di campagna. Paradossalmente, dunque, l'individuo che vive immerso nella massa è solo e vive tale isolamento con angoscia e dolore. Il Movimento giovanile tedesco può essere considerato una forma di protesta anche nei confronti dell'impersonale società urbana costruita dagli adulti e, più in generale, della moderna civiltà industriale. Nei boschi o sui laghi tedeschi, i giovani volevano costruire una nuova comunità (Gemeinschaft, termine più tardi molto caro ai nazisti), una nuova rete di relazioni umane autentiche e genuine.

All’interno di un gruppo che aderiva agli ideali del movimento giovanile, tutti erano uguali e tutti condividevano le stesse esperienze. Quando emergeva un leader (un capo, un Führer, insomma), esso nasceva dal basso, veniva scelto per acclamazione all’interno del gruppo, che lo investiva di quell’incarico in virtù delle sue qualità fisiche e morali, della sua abilità e della sua tenacia: in una parola, del suo carisma. E’ in questa esperienza che affondano le radici del concetto di leadership tipico dei regimi totalitari del ‘900. Hitler voleva essere qualcosa di molto differente da un re o da uno zar, figure che la consacrazione religiosa rendeva diverse rispetto al popolo e che un preciso cerimoniale di corte allontanava ulteriormente.

Il movimento giovanile negli anni Venti

La leadership nazista voleva essere (in questo senso, e solo in questo senso) democratica: il Führer non si presentava come una figura altra, diversa, bensì come una figura in cui tutti potevano riconoscersi: colui che, più e meglio degli altri, poteva incarnare i desideri e le aspirazioni del popolo tedesco, così come il Führer di un gruppo di ragazzi riusciva a guidare la comunità giovanile che si era riunita intorno a lui.

Dopo la sconfitta del 1918, all’interno del movimento giovanile tedesco, i toni nazionalisti si fecero ancora più marcati. L’esperienza emotivamente più forte cui moltissimi ragazzi ebbero occasione di partecipare fu un grande raduno di circa 250 ragazzi tenutosi nell’agosto 1919 in un castello vicino a Regensburg, chiamato Schloss Prunn. Molti degli interventi vennero messi a verbale e poi pubblicati su un giornale del movimento intitolato Der Weisse Ritter (Il cavaliere bianco). Da essi emerge una severa condanna della civiltà industriale moderna e dell’avidità tipica della società capitalistica, giudicata decadente, ipocrita e priva di anima. Ad essa veniva contrapposta una nuova aristocrazia dello spirito, che assumesse come modello i cavalieri medievali e un nuovo tipo umano, disposto a sottomettere il proprio egoismo individualista alle superiori esigenze della comunità e ad obbedire senza discutere ai comandi di un Führer, capace di risollevare i destini della Germania.

Non meraviglia certo che la maggioranza di questi Wandervögel postbellici abbia aderito al partito nazista o abbia guardato con favore all’ascesa al potere di Hitler.

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