La memoria della guerra
Ernst Jünger
Dopo la sconfitta del 1918, tutti coloro che avevano vissuto l'esperienza delle trincee (come Jünger e come Hitler) si sentirono investiti della missione di rigenerare la patria su nuove fondamenta. Da un lato, si consideravano gli unici degni eredi dei compagni caduti, di cui avrebbero continuato la lotta; dall'altro, si ritenevano esseri nuovi, individui eccezionali, temprati dalla prova della guerra, di cui avevano sperimentato fino in fondo la tempesta d'acciaio .
Già in Jünger, il concetto di democrazia non aveva alcun valore: i diritti dell'uomo e il regime parlamentare andavano senz'altro sacrificati alla grandezza della Germania.
Masse e politica
L'orientamento nazionalista e autoritario di Jünger è comunque molto diverso da quello del nazionalsocialismo. Figlio della Germania tradizionale, Jünger voleva le masse obbedienti e rispettose nei confronti della nuova élite sorta dalla guerra, esattamente come in passato le aveva volute la vecchia aristocrazia prussiana. All’opposto, Hitler si rese conto del fatto che, dopo un'esperienza come la Grande Guerra, le masse non potevano più essere escluse dalla dinamica politica.
Rispetto alla tradizione tedesca precedente, l'originalità più notevole del nazionalsocialismo consisté nella mobilitazione delle masse: <<Una Weltanschaung [= concezione del mondo] può essere mille volte giusta - scrive Hitler nel Mein Kampf - ma non avrà alcun significato per la lotta del Volk finché non si combini con gli obiettivi di un movimento fatto per la lotta, di un partito politico>>.
Hitler seppe cogliere assai più e meglio di Jünger la lezione del primo conflitto mondiale: guerra di massa, assai più che guerra di eroi, essa aveva portato alla ribalta folle enormi di persone, desiderose di continuare ad occupare il centro della scena.
Nel nazismo, il culto dei caduti (che esortavano i vivi a riscattare l'onore tedesco, seguendo il loro esempio e imitando il loro sacrificio) e l'esaltazione dell'uomo nuovo, forgiato dall'esperienza bellica, si univano alla consapevolezza che il Novecento era il secolo delle masse, desiderose di sperimentare un millenario futuro di prosperità, proprio perché schiacciate dalla tragica esperienza della sconfitta e da tutte le sue umilianti conseguenze.