L’immaginario dei wandervögel in una memoria autobiografica

Werner Helwig pubblicò le sue memorie nel 1960. Della sua esperienza nel movimento giovanile ricorda soprattutto il fascino che suscitava nei giovani ogni riferimento al passato tedesco. Il romanticismo, però, spesso cedeva il passo a sentimenti di tipo nazionalistico e razzista.

Il raduno federale era un avvenimento di grande importanza, perché in esso si riunivano le correnti della lega dell’intera Germania. Era il punto di incontro di tutti coloro che credevano nel movimento, e che in esso e per esso avevano continuato a vivere, creare, sperare. Qui veniva raccolta la grande messe di immagini – l’immaginario – dei Wandervögel e qui, riconfermata e di nuovo suggellata, la comunanza di obiettivi dava a ciascuno la forza di rientrare nella vita.

Nella vita delle città, nella silenziosa ostilità dello strato sociale portante della patria, che si sperava di conquistare alle proprie idee, se non di vincere, affinché potesse affermarsi il pensiero dei Wandervögel, quella speranza che una comunità nazionale sarebbe stata possibile, se solo si fosse creduto con forza sufficiente in essa. Il ricongiungimento di città e campagna, il risvegliarsi di forme tramontate del vecchio modo di vivere tedesco, come nei quadri di Dürer [Albrecht Dürer, il più grande pittore tedesco del Cinquecento – n.d.r.], come a guardare da dietro ai vetri un po’ opachi di un tempo, una fratellanza gotico-barocca di tutti con tutti: un ritorno alle origini di quella civiltà, uscita dagli argini.

I danni dell’industrializzazione dovevano essere limitati, i falsi piaceri delle grandi città dovevano essere sostituiti da gioie vere, innocenti, amabili. La vita stessa doveva essere santificata e, in un atto di culto rinnovato nel suo significato più profondo, proclamata il più supremo dei beni.

(W. Mogge, I Wandervögel: una generazione perduta. Immagini di un movimento giovanile nella Germania prenazista. Foto di Julius Gross dal 1913 al 1933, Roma, Socrates, 1999, p. 66)

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