Il cancello di Dachau

Il lavoro rende liberi
Dachau. Il cancello del LagerTra le innovazioni introdotte a Dachau, quella che fu ripresa moltissime volte, in vari altri campi nazisti, fu lo slogan Arbeit macht frei: Il lavoro rende liberi. A Dachau, venne impresso sul cancello, all’ingresso del campo, dando inizio ad una prassi che si registra anche a Sachsenhausen, a Terezin, ad Auschwitz I e in altri luoghi.

L’espressione non ha alcun significato ironico o denigratorio, nei confronti dei detenuti. Al contrario, la scritta esprime una delle intenzioni per cui venne istituito il lager. Il campo, infatti, si proponeva di correggere i comportamenti errati, tenuti da alcuni gruppi di cittadini tedeschi.

A questo fine, insieme al lavoro, venne assunto come modello il sistema disciplinare dell’esercito prussiano, da cui vennero prese in prestito numerose abitudini e comportamenti. Basti pensare alla cura con cui i prigionieri, negli anni Trenta, dovevano tenere la propria divisa da detenuti, oppure alla precisione maniacale secondo cui dovevano essere piegate le lenzuola del letto. Anche l’uso di scandire a suon di musica alcuni momenti importanti della giornata risale alla prassi militare.
I nemici del Terzo Reich

Col passar del tempo, tutti questi elementi, per così dire, si cristallizzarono, cioè restarono a far parte del rituale del lager, anche quando avevano perso ogni significato. Ad Auschwitz I, la maggior parte dei prigionieri (dal 1940) era formata da polacchi. Si trattava di nemici, per di più slavi, giudicati inferiori sotto il profilo razziale: dunque, l’idea che potessero correggersi per trovare il proprio posto all’interno della società tedesca non aveva alcuna possibilità di applicazione, nei loro confronti.

Eppure, la scritta Arbeit macht frei faceva buona vista di sé anche là. Lo stesso discorso vale per la banda musicale che salutava l’uscita o il ritorno dal lavoro delle squadre di detenuti ebrei, nel periodo in cui si era già messa in moto la soluzione finale e il duro lavoro (per lo meno ad Auschwitz) era poco più che un’altra modalità di annientamento di massa.

Fin dall’inizio il lager nazista nasce all’insegna dell’ambiguità. Gli internati sono considerati, simultaneamente, dei nemici da rendere inoffensivi, grazie all’arresto di sicurezza, ma anche dei tedeschi da rieducare, mediante il lavoro e altri provvedimenti disciplinari.

Col passar del tempo, complice il fatto che la maggioranza dei prigionieri proverrà da paesi occupati dalla Germania, o da razze ritenute inferiori dall’ideologia nazista, la seconda finalità tenderà a scomparire. Resterà valida solo per i tedeschi Testimoni di Geova, di cui si continuerà ad ammettere la potenziale capacità correzionale, persino in piena seconda guerra mondiale.

Approfondimenti

Azioni sul documento